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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2013 alle ore 13:13.

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Il commento del difensore Ghedini: fatto grave, faremo appello
«Avevo detto che ero convinto che avrebbero dato di più delle richieste dalla procura, lo sapevo che questo processo a Milano non si poteva fare. È una sentenza larghissimamente attesa, al di fuori della realtà e degli atti processuali, faremo appello». Lo ha detto il legale di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, dopo la condanna : «Sono tre anni che dico che qui non si può fare questo processo: oggi (ieri, ndr) è avvenuto un fatto estremamente grave». «Sembra un assalto alla diligenza. Faremo appello», è stato il primo commento a caldo di Piero Longo, uno dei due avvocati difensori di Berlusconi.

L'olgettina Polanco: sono scioccata
«Sono scioccata non mi hanno creduto, non ci hanno creduto, io ho detto la verità e se mi chiamano di nuovo ripeterò quello che ho sempre raccontato». Lo ha detto all'Ansa Marysthelle Polanco, una delle olgettine più vicine a Silvio Berlusconi, che ha sempre difeso. Polanco è uno dei testimoni per i quali è stata disposta la trasmissione degli atti alla Procura affinché valuti la presunta falsa testimonianza resa durante il dibattimento.

L'ultima udienza
Questa mattina, in aula, l'imputato Silvio Berlusconi non c'era. Non c'era neppure Karima El Marough, in arte Ruby, la ragazza marocchina da cui tutto ha avuto origine e che è parte lesa nel processo. Mancava anche il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, che ha guidato le indagini e ha rappresentato la pubblica accusa nel corso del dibattimento. Ad affiancare il pm Antonio Sangermano c'era invece il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati: una presenza annunciata nei giorni scorsi, un segnale che la procura di Milano aveva intenzione di mettere tutto il suo peso in questo processo. Prima che i giudici entrassero in camera di consiglio, i legali di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Pietro Longo, avevano presentato una memoria finale e un'altro documento a commento dei verbali della testimonianza resa da Ruby nel processo parallelo che vede imputati di induzione e favoreggiamento della prostituzione Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora.

Il processo
Il processo è iniziato il 6 aprile 2011 e mentre si svolgevano oltre 50 udienze interrotte più volte da legittimi impedimenti e dalla campagna elettorale per le elezioni politiche, il reato di concussione è stato modificato in induzione indebita, perché nel frattempo è cambiata la legge. Secondo la procura, Berlusconi avrebbe commesso il reato di concussione per coprire quello di prostituzione minorile.

La storia
La vicenda di Ruby e delle feste a luci rosse nella residenza dell'allora presidente del Consiglio ad Arcore, fa capolino sui giornali nell'ottobre 2010. A parlarne per primo è Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano, il 26 ottobre 2010. I particolari della storia verranno fuori nei giorni successivi ma quella sera stessa le "ragazze di via Olgettina" che partecipano a una serata ad Arcore e che sono intercettate dalla polizia mostrano tutta la loro preoccupazione. «Abbiamo il coltello dalla parte del manico», scrive in un sms Barbara Faggioli. «Non abbiamo in mano un cazzo», risponde Nicole Minetti: «Non lo vedremo più per un sacco di tempo». E la Faggioli replica sconsolata: «Siamo sputtanate a vita».

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