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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 06:46.
Il serial tutto italiano sul taglio delle Province conquista almeno un episodio in più. A sceneggiarlo è stata ieri la Consulta che ha giudicato incostituzionale la riforma degli enti di area vasta varata in due step dal Governo Monti e congelata fino a fine 2013. Salva invece – per effetto di un'altra pronuncia del giudice delle leggi – la riorganizzazione dei "tribunalini".
Nell'accogliere il ricorso di otto Regioni la Corte costituzionale ha censurato la decisione dell'Esecutivo precedente di utilizzare lo strumento del decreto legge per provvedere a un riordino di tipo ordinamentale delle amministrazioni provinciali. Il Dl, si legge nel comunicato della Corte, è per sua natura un «atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza». E, in quanto tale, è «strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio».
Nonostante questo principio fosse stato sancito già in passato dal giudice delle leggi, il Governo Monti vi ha fatto ricorso ugualmente. In ben due occasioni. Prima nel dicembre 2011 con l'articolo 23 del salva-Italia che trasformava le Province in organismi di secondo livello (eletti dai consigli comunali e privi di giunta) e riduceva all'osso le loro funzioni. Poi nel luglio 2012 con l'articolo 17 della spending review del luglio 2012 che disponevano la cancellazione di una cinquantina di enti su 107: quelli con meno di 350mila abitanti e un'estensione inferiore ai 2.500 chilometri quadrati, fatti salvi i capoluoghi di Regione.
Su queste due norme si è abbattuta ieri la tagliola delle Consulta per violazione «dell'art. 77 Cost., in relazione agli artt. 117, 2° comma lett. p) e 133, 1° comma Cost.». Che, per lo stesso motivo, ha dichiarato incostituzionale anche l'articolo 18 della spending review sull'istituzione delle città metropolitane. Scrivendo, per ora, la parola fine sul riordino delle amministrazioni di mezzo che la scorsa legge di stabilità aveva comunque messo in "ghiacciaia" fino a fine anno. Per sapere se si tratta di una censura solo di metodo o anche di merito bisognerà attendere le motivazioni della sentenza che arriveranno entro 10 giorni. Dopodiché la palla passerà al Governo Letta che sembra intenzionato ad avviare una strategia in due tempi: Ddl costituzionale e legge ordinamentale (su cui si veda l'articolo accanto).
Diversa la sorte per un'altra razionalizzazione targata Mario Monti: il taglio dei cosiddetti "tribunalini". La riforma della geografia giudiziaria ha resistito infatti al vaglio della Corte costituzionale. Che ha giudicato infondate le questioni sollevate dai tribunali di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona, confermando di fatto la loro soppressione. Con la stessa pronuncia la Corte ha dichiarato infine inammissibile il ricorso avanzato dal Friuli Venezia Giulia e ha salvato dalla scomparsa il solo tribunale di Urbino perché capoluogo di Provincia.