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Questo articolo è stato pubblicato il 10 luglio 2013 alle ore 16:56.

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La chiusura brutale della tv ha risvegliato tutti gli istinti di piazza contro la troika e i creditori internazionali in un paese fiero di essere la culla della democrazia. E cos'è la tv pubblica (se non è lottizzata) se non la moderna agorà dove tutti hanno diritto di dire la loro e dialetticamente confrontare le proprie opinioni?

Il viso in lacrime della violinista bionda dell'orchestra della tv pubblica che suona l'ultimo concerto prima di essere licenziata è rimasto scolpito nella memoria collettiva come segno indelebile della sofferenza sociale della crisi economica che colpisce la cultura e i desideri di emancipazione popolare di chi, il costo del biglietto di un concerto dal vivo di musica classica proprio non se lo può permettere. Colpire il servizio pubblico televisivo, nel cuore della più lunga crisi economica dal dopoguerra, è parso ai più come infierire sulle già precarie condizioni di vita di pensionati e dipendenti falciadiati dai tagli a pensioni e salari. Questa'nno il 73% dei greci non andrà in vacanza in estate contro il 69% dell'anno scorso. La tv pubblica, con il suo 13% di share, è uno dei pochi svaghi per chi ha le tasche vuote nel sesto anno di recessione di fila.

Così il premier Samaras ha perso 17 deputati, ridurre la sua forza contrattuale con Bruxelles mentre l'eurogruppo ha deciso di concedere a rate l'ultima tranche di prestiti da 6,3 miliardi di euro perché non si fida più delle promesse da marinaio del governo greco.

Tutto questo mentre si torna a parlare, dopo le elezioni tedesche di settembre, di una nuova ristrutturazione del debito greco. Il debito pubblico è tornato al 157% del Pil, il deficit al 10%, mentre la crescita 2013 è negativa per il sesto anno continuativo (-4,4%) e la disoccupazione ha raggiunto il 26,8%.

Tutti ormai hanno capito che Atene, che aveva un debito del 129% del Pil quando sono iniziati i prestiti per 240 miliardi di euro nel 2010, ha bisogno di un nuovo haircut, di una nuova ristrutturazione. Sarebbe la seconda dopo quello da 100 miliardi di euro che tagliò del 74% il valore dei bond greci sul mercato. Ora siamo alla vigilia di un nuovo taglio del debito con la sola differenza che non sarà sulle spalle dei creditori soprattutto privati ma di quelli pubblici. Per questo bisognerà aspettare dopo le elezioni tedesche del 22 settembre. Come se a pagare per il salvataggio greco fossero solo i contribuenti tedeschi e non anche quelli italiani, spagnoli, portoghesi, irlandesi e francesi. Ognuno secondo la propria capacità e i principi di solidarietà europea. Solidarietà che i tedeschi non dovrebbero scordare essere la base dell'Unione europea, sia politica che economica.

Altrimenti torneranno a soffiare i populismi e i nazionalismi e non sarà una bella pagina da descivere come insegna proprio la storia tedesca del secolo breve.

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