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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2013 alle ore 07:13.
Una service tax comunale ben congegnata potrebbe svolgere un ruolo analogo ma bisogna vedere come è costruita.
Né le cose vanno meglio se si guarda all'addizionale Irpef regionale. Qui si sommano gli effetti dei decreti sul federalismo fiscale, approvati due anni fa ma che sembrano appartenere a un'altra era geologica, che avevano previsto uno spazio maggiore delle Regioni sull'Irpef al di sopra dei primi due scaglioni di reddito; gli interventi del governo Monti, che di nuovo avevano trovato in un incremento dell'addizionale regionale sull'Irpef la "quadra" per il finanziamento della sanità; le varie sanzioni imposte alle regioni deficitarie sulla sanità, che impongono tra l'altro un incremento obbligatorio dell'addizionale Irpef; e di nuovo la necessità di individuare un piano di rientro per accedere alle risorse statali che consentono l'anticipo dei pagamenti sui debiti pregressi della Pa, che guarda caso si concentrano per quasi la metà sulla sanità. Conclusione: come mostra la Corte dei conti il gettito dell'addizionale Irpef regionale è aumentato di circa il 20% nel solo 2012, cioè di quasi due miliardi.
Ma, si dirà, che male c'è? Non è forse l'Irpef le regina delle imposte nazionali, quella che più di altre cattura il principio costituzionale della capacità contributiva per la distribuzione dell'onere tributario? Sbagliato.
Era forse così nel disegno originario, ma nel corso degli anni la base imponibile dell'Irpef è stata progressivamente ridotta. L'ultimo passaggio è avvenuto proprio con l'introduzione dell'Imu, che ha eliminato i redditi presunti delle abitazioni diverse da quelle di residenza dalla base imponibile Irpef, e con la cedolare secca, che ha tolto i redditi degli affitti dall'imposizione progressiva.
La conclusione è che l'Irpef colpisce ormai solo i redditi da lavoro; e siccome i redditi da lavoro autonomo sono in buona parte elusi o evasi, colpisce soprattutto i redditi da lavoro dipendente, che infatti per la progressività dell'Irpef finiscono a contribuire in modo del tutto sproporzionato al gettito tributario. Quello che sta succedendo sulla finanza regionale e locale non fa che accentuare questa distorsione del nostro sistema tributario.
Da questo punto di vista il passaggio a una service tax, in sostituzione dell'Imu, se davvero si prenderà questa strada, non è una buona idea. L'Imu almeno faceva riferimento a una base imponibile diversa dal reddito, il patrimonio, mentre c'è il rischio che la service tax con le inevitabili detrazioni e deduzioni finisca come il ripercorrere la strada di una nuova imposta sul reddito mascherata. Sarebbe utile capire quali sono gli effetti redistributivi, e non solo di gettito della nuova imposta.
A ogni modo, se il rapporto Saccomanni prefigura una riflessione più organica della finanza locale, come sarebbe desiderabile anche per restituire un po' di certezza al nostro sindaco, è legittima la domanda: ha davvero senso un'addizionale comunale sull'Irpef, che poi significa di fatto 8mila Irpef diverse perfino nella determinazione degli scaglioni di imposta, con assurde complicazioni per i contribuenti? Possibile che tutta l'attenzione della politica si concentri solo sull'Imu sulla prima casa, quando ormai la sola addizionale Irpef comunale vale almeno altrettanto in termini di gettito?
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