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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2013 alle ore 12:51.

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Francesco Schettino (Ap/LaPresse)Francesco Schettino (Ap/LaPresse)

Francesco Schettino accusa il timoniere, mentre la procura generale di Firenze impugna i cinque patteggiamenti di ufficiali e diupendenti della Costa. L'ex comandante della Concordia è intervenuto per la prima volta in aula al processo che lo vede imputato per il naufragio al Giglio, accusando il timoniere indonesiano di non aver eseguito correttamente i suoi ordini. «Nel momento in cui ho chiesto al timoniere di mettere i timoni a sinistra, l'errore è stato di non farlo, in quel momento la nave aveva un'accelerazione a destra», ha detto Schettino. «Se non ci fosse stato l'errore del timoniere, di non posizionare i timoni a sinistra, ovvero l'errore di scontrarsi, cioè di evitare la derapata - ha proseguito Schettino nel suo breve intervento durante la discussione fra periti, pm e avvocati - non ci sarebbe stato quello schiaffo». Il timoniere, accusa Schettino, «non eseguì correttamente l'ordine, mise il timone al contrario e urtammo». La difesa dell'ex comandante aveva già insistito sugli errori del timoniere indonesiano sollecitando i periti del gip a puntualizzarli. Schettino è da stamani in aula per il processo che lo vede imputato del naufragio del 13 gennaio 2012 che causò la morte di 32 persone (due sono ancora disperse).

Giuseppe Cavo Dragone: il timoniere sbagliò, ma l'impatto non era evitabile

Appena prima dell'impatto con gli scogli del Giglio, il timoniere della Costa Concordia, Jacob Rusli Bin, eseguì gli ordini del comandante Francesco Schettino con un ritardo di 13 secondi, ha precisato l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, nel corso dell'udienza odierna a Grosseto, in cui Schettino è l'unico imputato. Ma, ha continuato Cavo Dragone, «con buona probabilità l'impatto ci sarebbe comunque stato, per la velocità della nave e le condizioni avverse in quel momento della dinamica». Ai pm che chiedevano maggiore precisione sugli effetti di quell'errore, l'ammiraglio ha risposto: «non si può valutare il punto dell'impatto e le risultanze di questo impatto, che tipo di falla, dove e con che ampiezza, ma l'impatto ci sarebbe comunque stato, a giudizio del collegio peritale, viste la vicinanza dello scoglio alla terraferma e - ha concluso Cavo Dragone- le caratteristiche del moto della nave e quelle meteo».

La procura generale di Firenze ha impugnato i 5 patteggiamenti
Intanto la procura generale di Firenze ha impugnato i cinque patteggiamenti degli ex imputati per il naufragio della Costa Concordia. Il patteggiamento era stato accordato al responsabile dell'unità di crisi Roberto Ferrarini (2 anni e 10 mesi); all'hotel director Manrico Giampedroni (2 anni e 6 mesi); all'ufficiale Ciro Ambrosio (1 anno e 11 mesi con la condizionale); al timoniere Rusli Bin (1 anno e 8 mesi con la condizionale); all'ufficiale Silvia Coronica (1 anno e 6 mesi con la condizionale). Soddisfatto l'avvocato Francesco Pepe, legale di Schettino. «Abbiamo appreso che la procura ha impugnato il patteggiamento degli altri imputati. Noi ne prendiamo atto, evidentemente anche la procura pensa che non si può parlare di un solo responsabile», ha detto Pepe.

La difesa chiede una perizia sulla nave
La difesa di Schettino ha chiestouna nuova perizia sulla Costa Concordia, possibile, secondo i legali, perché ora la nave è stata raddrizzata. Anche il Codacons appoggia la richiesta, su cui deve pronunciarsi la giuria del processo in corso a Grosseto. Per l'avvocato Giuliano Liuzzi del Codacons, intervistato a SkyTg24, «la perizia e l'attività svolta dai periti si sono fermate allo scoglio, creando questo nesso di causalità con le morti. A nostro giudizio, si poteva fare di più e meglio. Abbiamo rilevato -continua- dei gravi difetti di funzionamento della nave, in primis delle porte di emergenza e il generatore di emergenza. Anche tempi e inclinazione della nave sono aspetti determinanti di questo processo», ha sottolineato Liuzzi.

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