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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2013 alle ore 17:37.

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La Cei sollecita l'approvazione del quoziente familiare

Dopo mesi di sostanziale silenzio sui temi della politica, la Cei torna sulla scena della ripresa con un invito a evitare in ogni modo una crisi che porti alla caduta del governo. Il cardinale Bagnasco è stato chiaro: «Ogni atto irresponsabile - da qualunque parte provenga - passerà al giudizio della storia». Sul tappeto degli scontri all'interno della "grande coalizione" all'italiana non c'è solo il capitolo delle vicissitudini giudiziarie di Berlusconi, ma in questa fase soprattuto i provvedimenti di natura economica, Iva in testa, che si legano alla tenuta dei conti pubblici e del rispetto del tetto del 3 per cento di deficit. La Cei da anni batte il tasto sulla necessità che le forze politiche mettano insieme gli sforzi («l'ora esige una sempre più intensa e stabile concentrazione di energie, di collaborazioni, di sforzi congiunti senza distrazioni, notte e giorno») per dare risposte vere alla profonda crisi economica che ha messo in ginocchio la gran parte delle famiglie italiane.

Ieri il Papa da Cagliari - dove quindi parlava in un contesto "italiano" - è stato particolarmente duro, parlando della necessità di difenderci «dai parolai avidi e dalle facili promesse di vita facile, che poi non si compiono». Evidente il richiamo al tritacarne elettorale a cui sono stati sottopopsti gli italiani, per poi ritrovarsi in una situazione precaria e ancora più caotica.

Nelle parole di oggi del cardinale Bagnasco nessun riferimento ad eventuali "preferenze", solo un richiamo alla legge contro l'omofobia che pochi giorni fa ha visto l'approvazione di un emendamento "gradito" alle gerarchie, dove si salvaguardano le posizioni delle organizzazioni. Eppoi ancora la centralità della famiglia, cuore della politica sociale della Cei, con la richiesta di approvazione del "quoziente familiare", cavallo di battaglia della scorsa legislatura rimasto sulla carta (come la legge sul fine vita).

Un passaggio sui rapporti con la Santa Sede, quando è stato ricordato il discorso di Bergoglio nel maggio scorso nell'udienza alla Cei. In un punto il Papa confermò che era compito dei vescovi il «dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche», chiudendo un contenzioso aperto nel 2007 dal cardinale Bertone, allora Segretario di Stato (lo sarà fino al 15 ottobre), che con una lettera affermò di avocare a sè i rapporti con la politica italiana. I tempi sono cambiati, e ora la politica italiana è scomparsa dai radar papali, come è stato verificato nelle ultime elezioni politiche. Il nuovo segretario di Stato, Pietro Parolin, avrà molti dossier più urgenti sul tavolo - Cina in testa - anche se c'è chi dentro le mura ricorda che conosce molto bene gli affari italiani, di cui si è occupato direttamente per anni.

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