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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2013 alle ore 07:46.

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Papa Francesco: l'Italia lavori al bene comune. E su Lampedusa: ha vinto l'indifferenza - Foto - Pretendere di essere governati

Al mondo «non importa se c'è gente che deve fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà e con quanto dolore tante voglie vediamo che trovano la morte, come è successo ieri a Lampedusa. Ma oggi è un giorno di pianto». Lo ha detto papa Francesco ad Assisi, parlando nella Sala della spoliazione di San Francesco, al vescovado. Francesco ha poi parlato anche della «mondanità spirituale», che «uccide l'anima, le persone, la Chiesa». Nella sala della spoliazione, Bergoglio ha chiesto al Signore che «dia a tutti noi il coraggio di spogliarci dello spirito del mondo che è la lebbra, il cancro della società, il nemico di Gesù». La Chiesa deve spogliarsi «di ogni mondanità spirituale», della «paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti», della «tranquillità apparente che danno le strutture», ha affermato il papa nel suo discorso ufficiale nella Sala della Spoliazione di San Francesco, al vescovado di Assisi. «La Chiesa, tutti noi, deve spogliarsi della mondanità, che la porta a vanità, orgoglio e idolatria». Il papa ha definito la mondanità «lebbra» e «cancro» della società. Rivolgendosi ai poveri assistiti dalla Caritas, Francesco ha detto: «Tanti di voi siete stati spogliati da questo mondo selvaggio che non dà lavoro, non aiuta, al quale non importa se ci sono bambini che muoiono di fame, se tante famiglie non hanno la dignità di portare il pane a casa». Dopo la tappa in vescovado il pontefice si è recato nella cripta della basilica di San Francesco ad Assisi, si è inginocchiato in preghiera dinanzi alla tomba del santo, non prima di avere posto un mazzo di fiori sull'altare.

La messa davanti alla Basilica: in Italia si lavori per il bene comune
«Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide», ha detto papa Francesco nell'omelia della messa celebrata sulla piazza di San Francesco, nel giorno in cui si ricorda il poverello d'Assisi, patrono d'Italia. Il pontefice ha lanciato anche un nuovo forte appello di pace: «Cessino i conflitti armati che insanguinano la terra», «tacciano le armi», e si ascolti il «grido» di chi soffre e muore per il terrorismo e le guerre, specie in Siria, in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente. Il primo papa ad aver assunto il nome del santo di Assisi ha dedicato la sua predica alla testimonianza di Francesco. «Essere cristiani è un rapporto vitale con la persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui». Inoltre, «il santo d'Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e che l'uomo è chiamato a custodire e proteggere, ma soprattutto testimonia il rispetto e l'amore per ogni essere umano». Per il papa, poi, san Francesco testimonia che «chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e che ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l'amore più grande, quello della croce. La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo... La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi prende su di sé il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato». Al termine della messa il papa ha rivolto i suoi «auguri a tutti gli italiani e alla persona del capo del governo», Enrico Letta, presente alla celebrazione.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo ancora con i poveri della Caritas, il papa, che farà tappe in tutti i luoghi francescani, incontrerà il clero e quindi i giovani dell'Umbria.

La politica pensi ai disabili e alle loro famiglie
Papa Francesco é nella città del Santo Poverello nella giornata dedicata proprio al patrono d'Italia; il pontefice é giunto alle 7,30, in anticipo sul programma, all'Istituto Serafico di Assisi dove ha incontrato i bambini disabili e ammalati ospiti, una sessantina, accompagnato dagli 8 cardinali recentemente nominati perché lo aiutino nella guida della chiesa, dal vescovo di Assisi mons. Domenico Sorrentino e dalla presidente dell'Istituto Francesca Di Maolo. L'elicottero bianco, é atterrato al campo sportivo del Serafico, poco prima delle 7,30, 15 minuti sul previsto. Ad Assisi piove, ma i pellegrini e la gente hanno atteso l'arrivo del papa salutandolo con applausi e sventolio di bandierine bianco-gialle. Il pontefice ha incontrato i disabili nella cappella della chiesa del Serafico avendo per tutti loro, carezze, baci e tenerezze, con semplicità negli incontri, imponendo mani sulla testa dei ragazzi. Ad uno di loro seduto su una carrozzella, ha benedetto la foto; lo ha carezzato a lungo ed ha parlato con gli infermieri e medici che assistono i bambini per chiedere come stavano procedendo le cure. Successivamente il papa, sempre nella chiesa dell'istituto Serafico, ha ascoltato le parole del sindaco Claudio Ricci e la presentazione dell'Istituto, con emozione, della presidente Francesca Di Maolo. Alla 8,30 il Papa ha tenuto il suo primo discorso. «Noi siamo fra le piaghe di Gesù: queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute», ha detto il papa lasciando il testo del discorso e parlando esclusivamente "a braccio". «Gesù è nascosto in questi ragazzi, in questi bambini. Sull'altare adoriamo la carne di Gesù, in loro troviamo le piaghe di Gesù».

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