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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 16:55.

Ritengo che ora, di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale e all'imperativo - morale e giuridico - di assicurare un "civile stato di governo della realtà carceraria", sia giunto il momento di riconsiderare le perplessità relative all'adozione di atti di clemenza generale.

Per quanto riguarda l'ambito applicativo dell'amnistia, ferma restando la necessità di evitare che essa incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale (basti pensare ai reati di violenza contro le donne), non ritengo che il Presidente della Repubblica debba - o possa - indicare i limiti di pena massimi o le singole fattispecie escluse. La "perimetrazione" della legge di clemenza rientra infatti tra le esclusive competenze del Parlamento e di chi eventualmente prenderà l'iniziativa di una proposta di legge in materia.
L'opportunità di adottare congiuntamente amnistia e indulto (come storicamente è sempre avvenuto sino alla legge n. 241 del 2006, di sola concessione dell'indulto) deriva dalle diverse caratteristiche dei due strumenti di clemenza. L'indulto, a differenza dell'amnistia, impone di celebrare comunque il processo per accertare la colpevolezza o meno dell'imputato e, se del caso, applicare il condono, totale o parziale, della pena irrogata (e quindi - al contrario dell'amnistia che estingue il reato - non elimina la necessità del processo, ma annulla, o riduce, la pena inflitta).

L'effetto combinato dei due provvedimenti (un indulto di sufficiente ampiezza, ad esempio pari a tre anni di reclusione, e una amnistia avente ad oggetto fattispecie di non rilevante gravità) potrebbe conseguire rapidamente i seguenti risultati positivi:
a) l'indulto avrebbe l'immediato effetto di ridurre considerevolmente la popolazione carceraria. Dai dati del DAP risulta che al 30 giugno 2013 circa 24.000 condannati in via definitiva si trovavano ad espiare una pena detentiva residua non superiore a tre anni; essi quindi per la maggior parte sarebbero scarcerati a seguito di indulto, riportando il numero dei detenuti verso la capienza regolamentare;
b) l'amnistia consentirebbe di definire immediatamente numerosi procedimenti per fatti "bagatellari" (destinati di frequente alla prescrizione se non in primo grado, nei gradi successivi del giudizio), permettendo ai giudici di dedicarsi ai procedimenti per reati più gravi e con detenuti in carcerazione preventiva. Ciò avrebbe l'effetto - oltre che di accelerare in via generale i tempi della giustizia - di ridurre il periodo sofferto in custodia cautelare prima dell'intervento della sentenza definitiva (o comunque prima di una pronuncia di condanna, ancorché non irrevocabile).

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