Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 09 ottobre 2013 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 09 ottobre 2013 alle ore 08:21.

My24

Il premio Nobel per la particella di Higgs, osservata al Cern di Ginevra l'anno scorso, era atteso ed è arrivato. Lo dividono Peter Higgs e François Englert, i due fisici teorici che, insieme con alcuni colleghi che oggi non sono più tra noi, avevano previsto l'esistenza di questa elusiva particella più di trent'anni fa. Il più alto riconoscimento scientifico premia ancora una volta la capacità della fisica teorica di comprendere i meccanismi della Natura, al punto di anticipare intere classi di fenomeni prima di poterli osservare.

La predizione dell'esistenza del bosone di Higgs viene infatti ad aggiungersi a una spettacolare serie di predizioni, che vanno dall'esistenza del pianeta Nettuno, la cui presenza è stata dedotta dai calcoli prima di vedere il pianeta, fino all'esempio impressionante delle onde radio, la cui intera esistenza era sconosciuta ed è stata dedotta per via teorica da Maxwell prima che fossero mai osservate, e sulle quali si è poi costruita tutta la moderna civiltà della comunicazione.

L'«Higgs», come si dice familiarmente tra i fisici, era l'ultimo tassello mancante per la verifica dell'attuale teoria della materia, e appartiene a una classe di entità diversa da tutto quanto fosse prima conosciuto. Per questo il mondo scientifico ha accolto con tanto entusiasmo la sua rivelazione. L'attuale teoria della materia è chiamata con il nome poco lusinghiero di «Modello Standard delle particelle elementari». Questa teoria prevede tre classi di oggetti. Alla prima classe appartengono gli elettroni e i quarks che compongono il nucleo degli atomi, dunque la materia «palpabile». La seconda classe include i fotoni, di cui è fatta la luce, e i costituenti delle altre forze note. E poi c'è una terza classe (chiamata «campi scalari») formata solamente dal bosone di Higgs. Quindi il bosone di Higgs non è una «particella come un'altra», un cugino dell'elettrone, ma una entità di tipo nuovo, mai osservata fino all'anno scorso (anche se, ovviamente, la denominazione «particella di Dio» con cui è stata chiamata dalla stampa peggiore, è sciocca e priva di ogni senso).

Higgs, Englert e loro colleghi erano riusciti a intuire l'esistenza di questo «terzo reame della natura», in modo puramente teorico, basandosi sulla consistenza matematica della teoria. La teoria è consistente grazie a certe simmetrie, che però ammettono solo particelle senza massa; ma Higgs e Englert si erano resi conto che era possibile salvare queste simmetrie se la massa delle particelle invece di essere connaturata alle particelle fosse nata dall'interazione con questo strano «bosone scalare» che oggi porta il nome di Peter Higgs. È un argomento indiretto e difficile, ma che si è rivelato corretto. La scoperta chiude dunque un grande ciclo di scienza fondamentale e la credibilità del Modello Standard ne esce molto rafforzata.

La rivelazione del bosone di Higgs è stata una grande impresa resa possibile dallo splendido spirito di collaborazione internazionale che anima il Cern, dove lavorano fianco a fianco scienziati di ogni paese, anche paesi in guerra fra loro, e dalla lungimiranza dei governi europei che hanno saputo investire in questa grande avventura scientifica.

Un parte non trascurabile del merito è italiana. Prima di tutto mi piace ricordare che gli italiani al Cern rappresentano il gruppo di gran lunga più numeroso, a riprova dell'altissima qualità della fisica italiana. Erano italiani entrambi i responsabili dei due esperimenti che, in parallelo, sono arrivati insieme alla rivelazione del bosone di Higgs: Fabiola Giannotti e Guido Tonelli. Buona parte del merito della Scoperta va riconosciuto a Luciano Maiani, che ha diretto il Cern in una fase cruciale del percorso che ha portato fin qui, e ha saputo prendere le decisioni spesso non facili, e talvolta anche criticate, che alla fine si sono rivelate quelle giuste. Non dimentichiamo infine che se l'Higgs è l'ultimo tassello che chiude il successo del Modello Standard, il primo di questi tasselli fu la rivelazione, sempre a Ginevra, delle prime particelle previste dal modello standard, che ha portato il Nobel del 1984 all'italiano Carlo Rubbia, nominato senatore a vita il mese scorso dal Predente della Repubblica.

Chi non vive nel mondo scientifico, e sente parlare gli scienziati solo nel momento dell'entusiasmo delle predizioni confermate, non ne deduca che la scienza sia una successione di facili scommesse. Rivelare l'Higgs era solo uno dei due principali obiettivi della nuova grande macchina del messa in funzione da poco a Ginevra: il «Large Hadron Collider», o «LHC» per gli amici. L'altro obiettivo era confermare o meno l'esistenza di un'altra classe di particelle, previste negli anni scorsi da alcune teorie speculative e chiamate «particelle super-simmetriche». Le particelle super-simmetriche non sono venute all'appello, generando delusioni in molti teorici. Il «sì» della Natura all'Higgs e il «no» alle particelle supersimmetriche all'energia esplorata dall'LHC confermano come il giudizio inappellabile degli esperimenti resti il cardine fondamentale della scienza, e in ultima analisi, la ragione del suo successo. Lo stesso schema di «sì» a teorie standard e «no» a speculazioni più recenti si è ripetuto quest'anno con le misure del fondo di radiazione cosmica del satellite Planck: la teoria della relatività generale di Einstein ne è uscita confermata, mentre diverse predizioni speculative più recenti non hanno trovato supporto.

Shopping24

Dai nostri archivi