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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2013 alle ore 08:48.

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Letta al Sole 24 ore: «Con Poste abbiamo costretto i privati a investire in Alitalia» - Il progetto che manca

«L'ok dei francesi è una buona notizia che dà ancora più respiro all'operazione». Dopo 48 ore trascorse in riunioni continue, sotto la pressione di numeri che raccontavano di un'Alitalia che aveva solo pochi giorni per sopravvivere, Enrico Letta nella serata di ieri guardava con fiducia agli sviluppi del piano del governo. Sa bene, il premier, che l'ennesima operazione di salvataggio lascia sul terreno dubbi e perplessità. Ma non è mai stato uno statalista, sul rapporto tra Stato e mercato è cresciuto alla scuola di Andreatta e non accetta lezioni: «L'intervento di Poste ha obbligato i privati a investire, scommettendo sul futuro. Se si è arrivati qui non è certo per nostra responsabilità».

Quando gli si chiede se non era il caso di lasciare Alitalia al suo destino, Letta contrappone un ragionamento: il futuro di Alitalia «è nell'integrazione in una grande allenza internazionale e in questo modo possiamo legittimamente ritenere di arrivare a quell'obiettivo con un assetto più solido, con più forza». Nessuno statalismo di ritorno, insomma. Piuttosto un intervento di emergenza per indurre i soci privati e le banche a farsi carico delle proprie responsabilità. Con l'obiettivo di dare ad Alitalia un assetto azionario tale da poter trattare con i francesi la futura integrazione su basi più solide.

Se si è arrivati a questo punto, ragiona il premier, non è certo per responsabilità di questo governo. «In tutta questa vicenda non si può prescindere da un giudizio molto critico su tutta la storia recente di Alitalia, in particolare sul problema dal quale è partito tutto, dalla scelta nel 2008 di abbandonare l'ipotesi Air France per perseguire una strada solitaria».

Erano i giorni della campagna elettorale del 2008, quando Silvio Berlusconi - oggi "ex-non ex" alleato di Letta nella coalizione di governo - bloccò l'operazione con Air France cara al centro-sinistra, optando per la costruzione della cordata italiana che ha controllato la nuova Alitalia fino a oggi. «Una strada - osserva il premier con amarezza - condizionata dall'obiettivo dell'integrazione coatta tra Alitalia e AirOne, che aveva alla base la volontà di salvare Air One». La cordata poi nacque, Corrado Passera e Intesa se ne fecero protagonisti, ma gli esiti sono sotto gli occhi di tutti, con l'Alitalia a cinque anni di distanza di nuovo sull'orlo del collasso. «L'obiettivo ora è un cambio radicale del piano industriale, una discontinuità forte, a tutti i livelli. Basta con l'Alitalia solitaria modello "nobile decaduta". Bisogna andare a negoziare, non più col cappello in mano, l'integrazione in una grande alleanza internazionale. E bisogna farlo in tempi rapidi».

Per Letta il partner scontato per questa integrazione non può che essere proprio Air France. L'Alitalia che ha in mente è una compagnia con forti connotati italiani, che fa parte di un'alleanza tutta europea. È presto per immaginare i dettagli del progetto industriale, ma di certo l'intervento di ieri è legato all'idea «di un'operazione industriale "europea", in cui l'Italia conservi il suo peso, anche in vista dell'Expo, un appuntamento decisivo per il nostro Paese, che vedrà l'afflusso di una grande quantità di visitatori».
Resta difficile comprendere, se non in una logica esclusivamente finanziaria, il senso dell'apporto di Poste. Letta taglia corto: «L'intervento di Poste ha obbligato i privati a investire per rendere possibile la continuità del servizio e dare quindi una prospettiva di futuro». Non sarà l'ennesimo spreco di risorse pubbliche per un salvataggio solo momentaneo? «Quello che conta ora è vigilare con grandissima attenzione sulla necessaria discontinuità rispetto a una gestione che ha portato a questa situazione. Asticella alta e tolleranza zero, dunque, verso ogni tentazione di ritorno indietro».

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