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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2013 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:33.

Il problema concerne principalmente la rete fissa. Sul mobile, grazie alla concorrenza fra gli operatori, il gap è minore. Ma la rete fissa di accesso Ngn non è sostituibile nelle aree a forte concentrazione di traffico dati, dove rappresenta anche il miglior backhauling della rete mobile. È per questo, e non solo per ragioni di sicurezza nazionale, che il Governo Letta (come hanno fatto altri Paesi) l'ha inserita tra gli asset strategici per i quali si riserva il golden power: è un'arma utile, ma solo difensiva; non basta a trovare le risorse per gli investimenti necessari.
Che fare dunque? Innanzitutto capire come stanno le cose. Il Governo dovrebbe promuovere un assessment indipendente sullo stato della rete fissa di Tlc e sui piani industriali delle imprese (Telecom, Fastweb, Metroweb, ecc.). In due o tre mesi esperti di chiara fama (italiani e stranieri) dovrebbero dirci se questi piani sono sufficienti rispetto agli obiettivi dell'Agenda Digitale europea e alla necessità di non accumulare ulteriori handicap competitivi. Potremo così ragionare su dati di fatto non opinabili e non contestabili.

Se la risposta sarà positiva, il Paese avrà un problema di meno; e potremo archiviare con soddisfazione generale tutti i dibattiti sulla necessità di interventi dello Stato o di istituzioni finanziarie private ma partecipate dallo Stato come Cdp. Se sarà negativa, si porrà, urgentemente, un problema di politiche pubbliche. In un Paese che deve, in primis, ridurre il debito pubblico e la pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro, si tratterà di creare condizioni favorevoli per gli investimenti dei privati.
Un primo elenco è quasi ovvio: a) promuovere la domanda pubblica, accelerando la digitalizzazione della Pa e dei servizi pubblici (l'Agenda Digitale, che deve passare dai progetti ai fatti); b) promuovere l'alfabetizzazione informatica, collegando le scuole in fibra e rivoluzionando la didattica per adeguarla all'era digitale; c) introdurre drastiche misure di semplificazione amministrativa per la realizzazione delle reti Ngn (il decreto scavi è solo un primo passo), per la condivisione di cavidotti e spazi pubblici, per il cablaggio degli edifici; d) utilizzare al meglio gli strumenti europei (fondi per le Ngn, finanziamenti Bei, garanzie sui project bonds, fondi strutturali). Considerando le esternalità positive che la rete Ngn produce per l'intera economia del Paese, si potrebbe pensare anche a incentivi fiscali non richiedenti copertura finanziaria, perché riservati a nuovi investimenti oggi non previsti nei piani industriali delle aziende di Tlc (a somiglianza dei crediti di imposta da poco introdotti per le nuove infrastrutture di trasporto in project finance); e, forse, anche a strumenti pubblici di garanzia, destinati a ridurre il costo dei finanziamenti e ad attrarre capitali privati "pazienti" (fondi pensione, assicurazioni vita).

Infine, l'Autorità garante (Agc) potrebbe varare una regolazione e un sistema di prezzi mirante a incentivare gli investimenti nella rete Ngn: ha già annunciato di volerlo fare, ma ha posto, come è giusto, la condizione di una piena realizzazione di quell'equivalence of input, che garantirà a tutti gli operatori uguali condizioni e costi di accesso alla rete.
Basteranno queste misure? Saranno sufficienti a indurre le imprese che oggi operano nell'infrastruttura di rete fissa a raccogliere i capitali e i finanziamenti necessari per accelerare gli investimenti nel Ngn? E sono esse in condizioni di farlo, considerato il loro business model , il loro indebitamento, le sfide competitive che hanno in altri Paesi? Il Governo dovrebbe chiedere loro impegni precisi, vincolanti ed esigibili. Se la risposta fosse negativa, non resterebbe che un rimedio, già sperimentato (con successo) nel caso delle reti di trasporto dell'energia elettrica e del gas (Enel-Terna e Eni-Snam): prevedere per legge un obbligo di unbundling, dando alle imprese termini ragionevoli e piena libertà sui modi per realizzarlo (scissione non proporzionale, cessione sul mercato, Ipo, ecc.). La società della rete attrarrà investitori di lungo termine, l'equivalence of input sarà garantita, l'attuale incumbent potrà ridurre il suo debito e prevedere nuovi investimenti nel mobile e nei servizi. E l'Autorità della concorrenza non dovrebbe più occuparsi di vere o presunte discriminazioni a danno degli operatori concorrenti.
L'autore è presidente della Cassa depositi e prestiti

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