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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2013 alle ore 14:32.
L'ultima modifica è del 31 ottobre 2013 alle ore 09:16.

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Marco Monari in una foto del 2010 (Ansa)Marco Monari in una foto del 2010 (Ansa)

Sono tutti sereni, serenissimi, dicono di avere la massima fiducia nel lavoro della magistratura. Ripetono la frase a pappagallo, come dei robottini, i loro risicatissimi contatti con la stampa in queste ore sembrano essere frutto del lavoro di un residuato del vecchio MinCulPop. Poi, però, lasciando da parte le parole, spiandone le facce si vedono sorrisi tirati, rughe tra le sopracciglia che fino a pochi giorni fa non c'erano, e borse sotto gli occhi da notti a battagliare con le lenzuola.

Loro sono i consiglieri regionali del Pd dell'Emilia Romagna, un manipolo di persone che, in estrema sintesi vive un singolare caso di sdoppiamento: a parole si dice tranquillo, ma la prossemica ne racconta il tormento. Nemmeno a scongiurarli, questi consiglieri, aprono bocca: tuttalpiù si lasciano andare a un "adesso non è il caso, ma appena si calma la tempesta mediatica, ci facciamo una chiacchierata e vedrai che pezzo bomba che ti faccio scrivere". Come se non fosse già abbastanza la bomba dei rimborsi per pranzi e cene del loro capogruppo, Marco Monari: 30 mila euro in 19 mesi per spiluccare tra i menu di ristoranti stellati del nord Italia, ma non solo: secondo le ultime indiscrezioni Monari (o qualcuno che ne aveva in uso la carta di credito di capogruppo) ha chiesto il rimborso pure per due cene di beneficenza il cui ricavato era destinato all'ANT, l'associazione che si occupa di assistenza domiciliare ai malati di tumore. Presente all'assemblea lampo dei capigruppo, Monari: sempre lì a tenere la barra di un vascello che naviga in acque agitatissime, ma di cui non vuole parlare. Affonderà la barca? E' presto per dirlo anche se, proprio poche ore fa, la Procura di Bologna ha confermato che a giorni verranno convocati tutti e nove i capigruppo indagati per peculato per le cosiddette 'spese pazze' dei rimborsi dei gruppi.

Una mezza parola, che galleggia tra l'offeso e lo sconcertato, la dice solo Thomas Casadei, il consigliere che ha presentato richiesta per il rimborso di due ingressi ad un bagno pubblico di Parma: 1 euro. "Mi sembra impossibile- dice -. Non mi pare proprio di avere utilizzato questa formula. Resto di stucco. L'unica spiegazione è che quelle ricevute possano essere finite nel mucchio. Una svista, insomma". Poi, Casadei, che è comunque un brév burdel, come si dice a casa sua a Forlì, auspica che sia fatta chiarezza e che se errore c'è stato allora che venga sanato.

Giusto per amore della storia (ipercontemporanea) la stessa spiegazione dell'errore nella rendicontazione fu quella che diede l'ex sindaco (Pd) Flavio Delbono a poche ore dallo scoppio dello scandalo del Cinziagate: quello che a lui costò la poltrona da primo cittadino, ai suoi concittadini costò invece un poco onorevole commissariamento. A Delbono si contestò la richiesta di rimborsi per alcune missioni all'estero fatte con la sua fidanzata (e segretaria) Cinzia Cracchi per una somma di circa 20 mila euro in 4 anni.
Dall'altra parte, quella dell'opposizione, tra i consiglieri del Pdl più o meno si trova lo stesso grado di serenità sventolata dai colleghi del Pd.

Che sia merito di massicce dosi di fluoxetina o di coscienza limpida non è dato sapere a chi scrive. Certo però che una stiratina alle rughe, ingannatrici, sarebbe bene darla: non c'è pillola della felicità capace di spianare una ruga di coscienza.

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