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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2013 alle ore 18:50.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2013 alle ore 22:11.

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(Corbis)(Corbis)

Il Pacifico è l'oceano più grande della Terra, copre un terzo dell'intera superficie del pianeta. Può ragionevolmente temere, questo gigante, le perdite radioattive della centrale di Fukushima? Ogni giorno, per recente ammissione stessa dei tecnici della Tepco (Tokyo Electric Power Company), la società che gestisce l'impianto, vengono riversate in mare 300 tonnellate di acqua contaminata. Un'enormità.

John LaForge, di Nukewatch, ha calcolato in un articolo su Counterpunch 80mila galloni al giorno. E quivalgono a poco più di 300 milioni di litri negli oltre 950 giorni trascorsi dall'11 marzo 2011, quando uno tsunami di 10 metri prodotto dal sisma più forte della storia del Giappone (di magnitudo 8,9) inflisse una ferita profonda alla centrale. In quanta acqua finiscono questi litri. Un calcolo approssimativo spannometrico porta ad azzardare che nell'oceano Pacifico di litri ce ne siano 1500 miliardi di miliardi. Un bel po' di più. All'apparenza, ampiamente sufficienti ad attenuare il danno.

Gli allarmi e i tonni della California
Eppure negli ultimi due anni si sono rincorsi gli allarmi degli ambientalisti. Si è letto di orsi polari che perdono pelo e mostrano piaghe, di una preoccupante moria di cuccioli di leone marino lungo le coste occidentali del Nord America, di salmoni decimati in Canada. E di tonni pinna blu, che nelle loro migrazioni lungo la corrente Kuroshio risalgono lungo il Giappone attraversando le acque antistanti Fukushima per poi ripiegare verso l'America e arrivare in California.

Nei tonni catturati sulla costa americana è stato documentato il ritrovamento di quantità non preoccupanti di Cesio 137 e 134 (tempo di dimezzamento rispettivamente 30 e 2 anni), nettamente inferiori ai limiti di sicurezza statunitensi di 1.200 becquerel per chilo e comunque più bassi perfino di radionuclidi di norma presenti nei pesci come il Potassio 40 e il Polonio 210 (deriva dai fertilizzanti). Il Cesio 134, in ogni caso, è la "firma" di Fukushima, vista la breve durata. Più pericoloso lo stronzio 90 (emivita 28 anni), che viene espulso con minore facilità dall'organismo e può provocare tumori ossei.

Il pesce in Giappone e l'esibizione del premier Abe
Discorso diverso per alcune varietà di pesce pescato al largo del Giappone, dove i limiti dopo l'incidente di Fukushima sono stati abbassati a 100 becquerel per chilo. Come riportato da Counterpunch,il quotidiano di Tokyo Asahi Shimbun lo scorso 29 agosto ha segnalato esemplari con quantità abnormi di isotopi dei Cesio pari a di 25800 becquerel per chilo. Nei merluzzi si è arrivati a 3.300 becquerel. Le quantità sarebbero poi scese drasticamente nelle settimane successive.

Tanto che, nonostante il divieto d'importazione della Corea, il primo ministro Shinzo Abe si è affrettato ancora lo scorso 19 ottobre a mangiare pesce pescato nel mare antistante la prefettura di Fukushima. Dopo avere controllato i test il primo ministro giapponese, impegnato nell'opera di rassicurazione per non guastare la festa dell'assegnazione delle Olimpiadi 2020 a Tokyo, ha voluto confermare di persona che i prodotti ittici della zona, dove la pesca era stata sospesa per precauzione in settembre, sono «saporiti e sicuri».

Come si sposta la radioattività nel Pacifico, una ricerca tedesca
Ma in definitiva, quanto si può essere certi che le ingenti perdite di acqua radioattiva dalla centrale non finiranno per devastare l'oceano, già messo a dura prova da inquinamento e pesca intensiva? Uno studio pubblicato a metà 2012 dal Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel in Germania ha cercato di misurare le conseguenze e ha costruito un modello in base al quale è possibile, in un video, seguire lo spostamento della massa d'acqua contaminata. La conclusione è che entro il 2013 l'inquinamento radioattivo sia esteso all'intera metà del Pacifico nord-occidentale e che nell'arco di 5-6 anni tocchi le coste americane.

Fukushima batte Chernobyl, 900 a 110
Il modello dell'istituto tedesco prevedeva una rapida diluizione della contaminazione nel Pacifico, nell'arco di due anni, da 10 a 1-2 becquerel per metro cubo fino a stabilizzarsi su valori doppi alla situazione pre-Fukushima. Comunque livelli sempre inferiori a quelli consentiti nell'acqua potabile, secondo Claus Böning, coautore dello studio (che comunque non è entrato nel dettaglio delle conseguenze sui processi biologici).

Unico particolare, lo studio tedesco si riferisce alla radioattività sversata in corrispondenza dell'incidente, dall'11 marzo 2011 e nelle prime settimane. Dieci petabecquerel (un petabecquerel equivale a 10 becquerel alla quindicesima) in tutto. Oggi potremmo essere arrivati, siamo sempre nel campo delle stime, a oltre 900. Chernobyl ne disperse 110.

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