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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2013 alle ore 11:31.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2013 alle ore 12:09.

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Più della metà dei 20 parlamentini italiani sono sotto inchiesta della magistratura per spese "gonfiate" o truccate a danno dei cittadini. Stando solo agli ultimi tre anni, l'accusa di peculato riguarda 280 politici su 1.356 tra presidenti, assessori e consiglieri regionali. Soprattutto consiglieri (ex o in carica) e capigruppo, alcuni già agli arresti per il rischio di inquinamento delle prove. Centinaia di faldoni sequestrati dalla Guardia di finanza sono al vaglio delle procure. Tutte annunciano che, terminato il lavoro sulle legislature in vigore, si passerà agli anni precedenti, dove sarà più difficile scovare le irregolarità a causa di leggi che permettevano di rendicontare senza troppe precisazioni.Il regolamento sui rendiconti dei gruppi consiliari è stato modificato quest'anno in senso più restrittivo, ma non da tutte le Regioni. L'obbligo di verifica, per i giudici, «sussiste quando pubblico sia l'ente per il quale il soggetto agisce, pubblico sia il denaro utilizzato e pubbliche siano le finalità perseguite».

In Piemonte 1,3 milioni di spese è già risultato irregolare
Su queste basi, i consiglieri del Piemonte (anche alcuni ex) dovranno consegnare alla Corte dei Conti, entro 90 giorni, fatture e note spese riguardanti la gestione dei fondi dal 2003 al 2008. Grazie a un ricorso della procura contabile del Piemonte, 40 politici sono in cerca di vecchi scontrini, che dovranno produrre o riprodurre in quanto ex capigruppo. Un milione e trecentomila euro, dal 2010 al 2012 compreso, è già risultato irregolare. Tanto che gli indagati sono già 52. Il presidente del consiglio regionale piemontese, Valerio Cattaneo, sostiene che «alla luce dell'ampiezza del fenomeno e al coinvolgimento della maggior parte delle Regioni, è un problema di sistema, non specifico del Piemonte».

Primato europeo di consiglieri sotto inchiesta
Un mal comune mezzo gaudio che ha generato un numero di indagati tale da far guadagnare all'Italia il primato europeo di consiglieri regionali sotto inchiesta. A oggi 62 in Lombardia, 20 in Friuli, 10 in Lazio, 13 in Calabria, 53 in Campania; dove il numero sale a 60 consiglieri, o ex, se si considerano altri capi di accusa. Uno in Puglia, per appalti. Ma qual è la loro reale autonomia di spesa? I fondi vengono assegnati ai gruppi dalle giunte. Le spese "di rappresentanza" sono pure ammesse. Ma fino al caso Fiorito in Lazio pochi avevano esaminato le migliaia di carte in cui, in certi casi, sono stati inseriti scontrini di caffè, massaggi e camere d'albergo a nome del gruppo consiliare, fino all'acquisto di Rolex, tablet e profumi tra il 2010 e il 2013.

Dalla Sardegna al Molise indagini in corso
Per l'inchiesta-bis sui fondi ai gruppi in Regione Sardegna, dove due consiglieri sono già agli arresti, 33 dovranno presentarsi davanti al giudice. L'accusa di peculato, insieme a quella per truffa e concussione, ha portato in carcere anche l'assessore alla Cultura in Abruzzo. Altri 4 consiglieri accusati di rimborsi illeciti in Basilicata, con due assessori e un consigliere ai domiciliari. In Liguria sono saliti a 11 i consiglieri coinvolti nel caso "spese pazze", con Rosario Monteleone (Udc), presidente del consiglio regionale ligure, dimessosi nei giorni scorsi. Rischiano i politici molisani. La procura di Campobasso avrebbe pronti gli avvisi di garanzia per alcuni consiglieri in carica tra il 2009 e il 2012. Lo scandalo del night club romano frequentato da uno di loro nel 2012, rimborsato con fondi pubblici, sarebbe solo uno degli utilizzi impropri dei fondi. Mentre i 9 capigruppo della Regione Emilia Romagna, tutti sotto inchiesta, incluso il rappresentante dei Cinque Stelle, devono chiarire le 35 mila voci di spesa che hanno permesso di spendere 3 milioni di euro in 19 mesi. Le ipotesi di peculato in Sicilia finora sono senza indagati. Proseguono le indagini conoscitive nelle Marche e in Umbria.

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