Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2013 alle ore 15:35.
L'ultima modifica è del 17 novembre 2013 alle ore 15:36.

My24

Non ha infierito su Alfano e gli scissionisti. Anzi ha già anticipato che la sua Fi con il Nuovo centro destra di Angelino dovrà «collaborare», in vista di una possibile «coalizione» per la quale auspica verrà mantenuto il nome Pdl. Non ha neppure annunciato il passaggio all'opposizione, né ha chiesto un rapido ritorno alle urne anche perché – ammette – «noi non abbiamo i numeri per far cadere il governo».

È un Silvio Berlusconi prudente, quello salito ieri sul palco del Palazzo dei congressi dell'Eur, per ufficializzare il ritorno a Fi. Una rinascita ben lontana dai fasti del passato. Il Cavaliere è stanco, parla per circa due ore e alla fine quasi si accascia sul pulpito, costringendo il fedele dott. Alberto Zangrillo ad avvicinarsi con un bicchier d'acqua. È un intervento senza il pathos dei momenti migliori, in gran parte dedicato al passato, a quel che è stato, alle sue vicende personali e politiche. Ripesca anche il libro nero del comunismo, i racconti sull'Unione sovietica del suo professore salesiano, "rivela" che l'imbroglio dello spread è stato solo un artificio perché Merkel e Sarkozy gliela avevano giurata. Scontati anche gli attacchi alla magistratura rossa, alla sinistra «fuorilegge», che ha travolto tutte le regole pur di portare la sua «testa» alle primarie dell'8 dicembre. Di fronte a lui schierati in prima fila il leader dei lealisti Raffaele Fitto, il fedelissimo Sandro Bondi, i pontieri Maurizio Gasparri e Paolo Romani, il tesoriere Rocco Crimi.
Del divorzio da quello che – come dirà al termine della convention – «per me era come un figlio», uno tra i pochi «su cui avrei messo la mano sul fuoco», ha dato una spiegazione quasi burocratica: «Eravamo arrivati ad un accordo salvo che poi avevano chiesto come fatto imprescindibile che si riunisse ieri l'ufficio di presidenza». E se si è arrivati alla scissione non è stato «per distanze sui valori o sui programmi» ma per «distanze tra singole persone» che ha creato «un'atmosfera grigia» fatta di dichiarazioni contrapposte, «offese». Non manca la battuta: «Visto che nella nostra coalizione ci sono già i Fratelli d'Italia, avevo consigliato Cugini d'Italia, così sarebbe rimasto tutto in famiglia».

Al punto centrale, quello che ha sancito la rottura con Alfano, ovvero il sostegno o meno al governo anche dopo la sua decadenza, Berlusconi fa appena un accenno. Certo ribadisce che non si può rimanere «seduti allo stesso tavolo con chi vuole uccidere politicamente il leader di un partito», ottenendo la standing ovation della platea, critica la legge di stabilità che «non porterà alcun risultato» anche perché «i ministri non hanno la statura per farsi ascoltare a Bruxelles». Eppure non annuncia il passaggio all'opposizione, anzi rivendica la «responsabilità» dimostrata nel sostegno a Letta.
Qualcuno uscendo commenterà che i toni morbidi di oggi servono a Berlusconi per continuare ad avere comunque una longa manus seppur nascosta sull'esecutivo, che Alfano «ora potrà chiedere a Letta di premere per il rinvio del voto sulla decadenza, visto che lui si è assunto il peso di rompere con il Cavaliere». Ma Berlusconi l'uscita dal Parlamento ormai l'ha messa in conto. Proprio per questo però ha bisogno di tempo. Spera che da Strasburgo arrivino «presto» buone notizie sulla condanna ma anche che l'evoluzione della situazione gli apra qualche pertugio che gli consenta, magari tra un anno, di rientrare in gioco. È una navigazione a vista. Ma non può fare altrimenti anche perché troppe sono le variabili, legge elettorale compresa.

Il voto per il passaggio a Fi non era più in discussione. La decisione di Alfano di rompere ha tolto anche l'ultima suspance. Renato Brunetta ha però voluto che la fine del Pdl venisse regolarmente certificata. Il capogruppo di Fi alla Camera si è sgolato per far rimanere seduta la platea e procedere alla votazione. Su 870 componenti del CN, 613 erano i presenti con diritto di voto, «pari a oltre il 70%», ovvero più dei due terzi necessaria per approvare le modifiche statutarie e il passaggio a Fi. Si finisce con il vecchio inno per quella che il Cavaliere giura essere «l'avvento di una nuova primavera».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi