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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2013 alle ore 11:20.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2013 alle ore 15:20.

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L'Italia rimarrà anche in futuro uno dei Paesi con la spesa pubblica per pensioni più alta, ma non sarà più in testa alla classifica. E soprattutto questa spesa, in percentuale rispetto al Pil, sarà in calo, contrariamente a quello che accadrà in molti altri Paesi. È la prima buona notizia del rapporto Ocse sui sistemi pensionistici: «L'aumento dell'età pensionabile sarà un fattore determinante per la riduzione della spesa. L'elevatissimo costo del sistema è un'eredità del passato. Con la riforma del dicembre 2011, l'Italia ha realizzato un passo importante per garantire la sostenibilità finanziaria».

Tradotto in numeri vuol dire che se nel 2010 la quota di spesa pensionistica sul Pil era in Italia del 15,4%, rispetto a una media Ocse del 9,3%, nel 2050 la spesa in Italia sarà del 14,7%, mentre la media Ocse salirà all'11,4 per cento. La seconda buona notizia è che il tasso di povertà degli anziani in Italia (11%) è nettamente più basso rispetto alla media Ocse (12,8%), ma anche rispetto a Paesi come Giappone o Stati Uniti. Principalmente grazie al fatto che gli over 65 italiani sono maggiormente proprietari della casa in cui abitano (all'81,2%) rispetto alla media (76,1%).

Ma le buone notizie purtroppo finiscono qui. Nonostante l'Italia abbia portato a 69 anni la soglia futura per andare in pensione a tasso pieno, in realtà è uno dei Paesi in cui la gente va in pensione prima: a 61,1 anni gli uomini e a 60,5 anni le donne, rispetto a una media Ocse rispettivamente del 64,2 e del 63,2 per cento. Grazie ovviamente ai meccanismi (uscite incentivate, prepensionamenti) che consentono di lasciare il mercato del lavoro in anticipo.

È quindi fondamentale, secondo l'Ocse, che l'Italia faccia il possibile per allungare la vita lavorativa effettiva, in particolare aumentando il tasso di partecipazione al mondo del lavoro degli ultra 55 anni, che in Italia è certo cresciuto molto negli ultimi anni (dal 27,7% del 2000 al 40,4% del 2012) ma è ancora troppo basso (la media Ocse è del 55,6 per cento).
In questo modo si modificano anche le fonti di finanziamento delle persone anziane, i cui redditi oggi in Italia sono per il 72,5% di provenienza pubblica (sostanzialmente pensioni) e per il 20,5% frutto di un lavoro, mentre la media Ocse è rispettivamente del 58,6 e del 23,9 per cento.

Ma l'Italia deve anche lavorare sullo sviluppo dei sistemi integrativi privati e su pilastri come l'assicurazione vita, si cui è molto in ritardo. Infine l'Italia occupa una delle ultime posizioni della classifica quanto a contributo dei servizi pubblici (in particolare quelli sanitari) in termini di impatto indiretto sul reddito degli anziani: 25% di aumento del reddito rispetto al 30% della media Ocse.

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