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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2014 alle ore 07:29.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 11:42.

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Nel maggio 2013, in un'audizione al Congresso, il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, annunciò che la banca centrale degli Stati Uniti avrebbe ridotto il programma eccezionale di acquisto di titoli di Stato quando si fosse convinta che la ripresa si sarebbe sostenuta da sola. Il 18 dicembre scorso, la Fed ha annunciato una prima riduzione del proprio intervento sul mercato dei titoli pubblici. Forse gli storici futuri segneranno questa data come quella della fine della Grande Depressione.

La prudenza è ancora d'obbligo, il programma sarà assottigliato (tapered) solo lentamente e i tassi resteranno eccezionalmente bassi ancora a lungo. Non si tolgono da un giorno all'altro tutti i farmaci a un paziente in convalescenza, ma oggi si tratta appunto di convalescenza, non più di malattia acuta. Cedendo ora la presidenza della Fed a Janet Yellen, Bernanke può constatare che, nell'economia americana, le luci superano di molto le ombre che ancora rimangono.
Si può, dunque, parlare della Depressione al passato, il tempo verbale dello storico, cominciare a fare un bilancio e chiederci: che cosa abbiamo imparato? Le risposte verranno poco alla volta e non saranno mai definitive. A mano a mano che se ne capiranno meglio cause e conseguenze, le interpretazioni si faranno più raffinate. Intanto si può cominciare a parlarne, anche nel confronto con esperienze precedenti. Provo, dunque, a elencare cinque conclusioni che mi pare si possano già trarre dalla storia degli ultimi cinque anni.

1. Negli Stati Uniti, la lezione degli anni Trenta è stata sostanzialmente appresa. Non è forse un caso che, nella sua precedente incarnazione accademica, il professor Bernanke avesse dato importanti contributi analitici ed empirici alla comprensione della Grande Crisi degli anni Trenta, così come aveva fatto Christina Romer, presidente del Council of Economic Advisers nella prima presidenza Obama. Nel 2008 produzione e commercio mondiali erano in caduta libera, a ritmi più rapidi di quelli del 1929-30.
La storia di allora non si è ripetuta grazie a un uso coraggioso, al limite della spregiudicatezza, della politica monetaria e a un'intonazione adeguatamente espansiva di quella fiscale. Sono stati commessi errori, soprattutto nella fase iniziale, ma la direzione delle politiche è stata corretta e i risultati si sono visti.

2. Contrariamente a quanto avvenne negli anni Trenta, la trasmissione internazionale del contagio è stata contrastata dalla forte cooperazione tra le quattro principali banche centrali. Nei primi mesi cruciali della crisi, essa si è dimostrata rapida ed efficace come mai in passato, tranne forse dopo l'11 settembre 2001. Una facile lezione da trarre è che la collaborazione internazionale sarà sempre più necessaria in futuro e che i suoi strumenti dovranno essere rafforzati, anche con piani contingenti, prima che arrivi la prossima emergenza.

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