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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2014 alle ore 09:35.
L'ultima modifica è del 06 febbraio 2014 alle ore 15:57.

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Con uscita da moneta unica calo Pil 30% in 3 anni
La montante campagna anti moneta unica invece è un pericolo per il Paese. Squinzi valuta infatti che «un'uscita dall'euro vorrebbe dire un calo del nostro Pil nell'ordine del 30% nel giro di due anni». Lo fa ribadendo il suo convinto europeismo («il mio sogno - ha ripetuto - sono gli Stati uniti d'Europa»), ma osservando che dovrebbe essere concesso uno sforamento del vincolo del 3% se fosse «per lo sviluppo, per investimenti in infrastrututre e tutto quello che può dare crescita».

Colloquio Squinzi-Renzi a Firenze, prossimi giorni contatto telefonico
Squinzi in mattinata ha poi avuto un breve incontro con il segretario del Pd, Matteo Renzi, a Palazzo Vecchio a Firenze, per un convegno sulle città metropolitane. Prima dell'inizio degli interventi, Renzi e Squinzi hanno scambiato qualche breve battuta di saluto, dopo di che, i due si sono accordati per un contatto telefonico che avverrà il 12 o il 13 di febbraio.

Ddl Delrio disorienta mondo imprese
Al convegno sulle città metropolitane Squinzi non ha risparmiato una stoccata al disegno di legge Delrio che trasforma le province in enti di secondo livello e le priva di poteri "pesanti". «È un provvedimento importante, concepito come riforma di semplificazione degli apparati, ma il testo attualmente all'esame del Senato lascia disorientato il mondo dell'impresa - ha detto il presidente di Confindustria - perché non affronta il problema dei costi connessi al trasferimento delle funzioni provinciali alle Regioni, legati soprattutto al personale e a un'ulteriore proliferazione di enti strumentali, agenzie e società regionali». «Le vittime sacrificali di questo processo - ha aggiunto - sono sempre i cittadini e le imprese e questo il nostro Paese non se lo può più permettere».

Il diritto-dovere di dire quello che serve al Paese
Nei giorni scorsi il presidente di Confindustria aveva rivendicato «il diritto-dovere di dire chiaramente quello che serve in questo momento per far ripartire il Paese». Lo aveva fatto ribadendo al Governo l'urgenza di decidere, di varare misure a sostegno delle imprese e dei cittadini: «I nodi dell'economia reale vanno affrontati subito - aveva chiarito - non abbiamo più tempo per aspettare». A partire dall'urgenza della semplificazione legislativa e amministrativa. Perché «l'Italia è un Paese ormai da anni ostaggio di una burocrazia soffocante che assorbe le energie vitali di imprese e cittadini e ne distoglie tempo e risorse da impieghi più produttivi»

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