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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 09:11.
L'ultima modifica è del 11 febbraio 2014 alle ore 15:43.

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Slitta a martedì 18 febbraio l'esame della legge elettorale in aula della Camera. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Il voto sulla proposta uscita dall'intesa tra Renzi e Berlusconi inizierà nel pomeriggio. Il Pd aveva chiesto un differimento di 48 ore del voto sugli emendamenti alla riforma (l'arrivo del testo in Aula era inizialmente previsto alle 15). La richiesta è stata avanzata dal capogruppo in Commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano. Poi la Conferenza dei capigruppo, e la decisione di rimandare alla prossima settimana. Una soluzione che trova il sostegno anche dai partiti più piccoli.

Fiano (Pd): rinvio esame in aula su richiesta di tutti i gruppi
«Ho avanzato al Presidente Sisto la richiesta di un rinvio dell'esame degli emendamenti in modo che venissero accolte le sollecitazioni espresse già da ieri da tutti i gruppi, sia di maggioranza che di opposizione - ha spiegato Fiano - . Si tratta di un lieve slittamento che consente a tutte le forze politiche di giungere all'esame in aula con una conoscenza più approfondita di un provvedimento importantissimo per il paese e l'esercizio della democrazia».

La tabella di marcia
Dopo l'approvazione da parte del Comitato ristretto dei tre emendamenti del relatore Francesco Paolo Sisto (Fi), la Conferenza dei capigruppo dovrà fissare un termine per consentire di presentare in Aula dei sub-emendamenti, vale a dire delle proposte di modifica al nuovo testo. Fiano ha quindi chiesto durante la riunione del Comitato ristretto che ha approvato gli emendamenti di far slittare il termine per i sub-emendamenti da oggi pomeriggio o domani mattina a giovedì-venerdì, «dopo la Direzione del Pd», come ha spiegato lo stesso Fiano. La richiesta sarà portata da Sisto, che è anche presidente della Commissione Affari costituzionali, alla Capigruppo.

Presentati 450 emendamenti
Al vaglio del comitato 450 emendamenti presentati. Molti di essi sono "tattici", nel senso che ciascun gruppo potrebbe ritirarli una volta che sia chiaro che l'accordo Renzi-Berlusconi-Alfano tiene.

La riunione del Pd
In mattinata si è tenuta l'assemblea del Pd cerca di trovare una posizione unitaria all'interno del partito. La minoranza interna del Pd ha rilanciato su tre temi: primarie per legge, la parità di genere nei listini e soprattutto l'entrata in vigore della legge solo dopo la riforma costituzionale del Senato, come prevede un emendamento del deputato Giuseppe Lauricella.

Renzi: crisi istituzionale più forte. Italicum risposta
«A un anno dall'inizio della legislatura, la crisi istituzionale é ancora più profonda», ha messo in evidenza Matteo Renzi, nel suo intervento all'assemblea dei deputati del Pd, nella sede romana del partito. «A oggi, non abbiamo ancora dato una risposta a questa crisi», ha aggiunto. Ma adesso c'é la riforma elettorale. «L'Italicum é la risposta che la politica mette in campo per superare quella crisi, ma é anche la risposta a spinte economiche e sociali. Sarebbe sbagliato sottovalutare le reazioni alle polemiche del Movimento 5 Stelle». «Il processo delle riforme - ha ricordato ancora il segretario - si era bloccato, oggi la proposta del Pd é a uno snodo cruciale». «Io mi fido della squadra del Pd: o questo passaggio lo portiamo a casa o salta l'Italia», ha aggiunto. L'Italicum non può essere corretto con «modifiche unilaterali». Il segretario ha proposto infine di anticipare la direzione del Pd fissata per il 20 febbraio a giovedì 13 febbraio: sul tavolo l'Esecutivo e la sua capacità di realizzare le riforme.

Il futuro del Governo
Non c'è solo legge elettorale. Sono ore decisive anche per il futuro del Governo. Ieri il segretario Matteo Renzi è salito al Colle per un colloquio di due ore con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Secondo alcune indiscrezioni, nel corso del faccia a faccia il presidente avrebbe chiuso all'ipotesi di tornare alle urne. Una posizione che potrebbe rilanciare altre soluzioni: quella del rimpasto, con un Letta bis, e quella della staffetta tra il premier attuale e Renzi. Il segretario del Pd sarebbe contrario a "rimpastini" perché, a suo avviso, con questa soluzione «non si va lontano».Oggi a salire al Quirinale potrebbe essere il premier.

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