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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2014 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 12:03.

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La Commissione Ue sarebbe pronta ad aprire una procedure d'infrazione contro l'Italia che non vuole Ogm. Bruxelles ha spedito ai ministeri interessanti (Politiche agricole in primo luogo, ma anche Ambiente e Salute) una lettera di cosiddetto "eu pilot", cioè avvisa di avere aperto un fascicolo e chiede informazioni perché sospetta un'infrazione.
Fra due mesi potrebbe essere il momento di vero snodo, e non riguarda l'Europa: riguarda un Tar e un imprenditore agricolo friulano, Giorgio Fidenato, che per sfida ha seminato un fondo con il granturco mon810 della Monsanto, autorizzato dall'Europa.

Se ai primi d'aprile il Tar darà ragione a Fidenato con una sentenza di merito, in tutta Italia si potrà seminare a piene mani il granturco della Monsanto, oppure il nuovo Pioneer 1507 sulla cui autorizzazione oggi deciderà Bruxelles (si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 febbraio).
L'Italia con il no cieco e sordo agli Ogm ha sbagliato tutte le mosse e ha spalancato le porte a questi prodotti che, se il Tar lo consentirà, potranno essere seminati ovunque tranne che proprio in quel Friuli-Venezia Giulia dove c'è il fondo agricolo coltivato a Ogm.

I vincoli in Friuli
La coesistenza con le colture tradizionali è l'unico strumento che consente di bloccare gli Ogm, ed è sempre stato rifiutato dagli anti-Ogm, dalla Coldiretti, dal ministero delle Politiche agricole, dalle Regioni. Ogni Regione può fissare contro gli Ogm regole rigide, distanze impossibili, controlli insostenibili. Come fa il Friuli-Venezia Giulia che, costretto dal caso Fidenato, dopo le consultazioni sta per varare, unico in Italia, il regolamento regionale che imporrà vincoli, a differenza delle altre Regioni.

Le contestazioni di Bruxelles
Bruxelles contesta all'Italia un decreto legislativo del 2001 sull'autorizzazione che dà il ministero delle Politiche agricole sulla coltivazione di sementi geneticamente modificate. La direttiva è chiara: un prodotto approvato da Bruxelles è autorizzato in tutta Europa senza bisogno di nuovi permessi.
Invece per ora non sembrano in corso procedure contro il decreto con cui, il 12 luglio scorso, l'Italia vietò per un anno e mezzo le coltivazioni Ogm. Il decreto (ministri Beatrice Lorenzin, Nunzia De Girolamo e Andrea Orlando) si appoggiava su alcuni pareri anti-Ogm assai deboli che non avevano trovato il consenso degli scienziati dell'Efta di Parma, l'agenzia europea sulla sicurezza alimentare.

Il nuovo prodotto Pioneer
Oggi Bruxelles deve decidere se autorizzare il secondo granturco Ogm, cioè quello della Pioneer. Il Parlamento europeo ha già votato contro, e con ogni probabilità la maggioranza sarebbe negativa ma potrebbe mancare il numero legale, senza il quale la Commissione potrebbe dare l'autorizzazione.

Il dibattito in Italia
Molti Paesi si stanno allineando alla posizione italiana, aperta dall'ex ministro dell'Ambiente Corrado Clini e ora sostenuta con forza dal suo successore Andrea Orlando: dare agli Stati una maggiore "sovranità" alimentare. Come ama ripetere Orlando, «gli Ogm non si prestano a un'agricoltura come quella italiana, vocata alle colture di specialità e non alle coltivazioni massive».
Osservano dall'Assobiotech (Federchimica) che «si parla di opportunità, convenienza, vocazione dei territori, ma non si affronta mai il presunto rischio. Gli Ogm autorizzati dall'Europa sono un rischio oppure no? Non lo sono». Per il presidente dell'Assobiotec, Alessandro Sidoli, la situazione italiana è «un'assurdità».
Intanto il parlamentare Adriano Zaccagnini (ex Cinquestelle, ora gruppo misto) fa la sua battaglia contro gli Ogm. Con un emendamento vuole rendere reato contro la natura qualsiasi contaminazione Ogm delle piante coltivate.

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