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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2014 alle ore 10:49.
L'ultima modifica è del 22 marzo 2014 alle ore 20:22.

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A Roma con un occhio a Bruxelles. L'agenda di Matteo Renzi si compone sempre più di due capitoli. Quello della politica interna: le partite in questo caso hanno il volto della nuova legge elettorale che ha superato la prima lettura alla Camera e che ora affronta il passaggio al Senato. Sul tavolo anche la riforma del Senato e del titolo V della Costituzione. Da ieri, dopo la polemica con l'ad di Ferrovie dello StatoMauro Moretti, entra a pieno titolo nel "menù" il nodo dei costi della Pubblica amministrazione, a cominciare dal taglio degli stipendi d'oro dei manager pubblici. Sullo sfondo il piano elaborato del commissario straordinario alla revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, anche se il presidente del Consiglio ha chiarito che l'ultima parola sulla cura dimagrante spetta al Governo.

La partita in Europa per una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse
Il premier gioca però anche su un altro terreno, altrettanto impegnativo: quello della "politica estera". Renzi, che ha partecipato al suo primo Consiglio europeo, chiede all'Unione europea di adottare una politica più flessibile nella gestione delle risorse da destinare alla crescita (pur nel rispetto della soglia del 3% tra deficit e Pil). In particolare, il presidente del Consiglio propone di impiegare il margine di disavanzo entro il 3% per finanziare le riforme.

Il pressing sull'Unione europea
In meno di una settimana il capo del governo italiano ha incontrato il presidente francese Hollande a Parigi, la cancelliera Merkel a Berlino e ha partecipato al Consiglio europeo di Bruxelles. Un'offensiva diplomatica su più fronti: il presidente del Consiglio ha cercato di ottenere un consenso alla sua linea, ma ha anche tentato di intuire quali siano gli spazi di manovra per l'Italia.

La replica dell'Europa: rispettare le regole
Il premier punta a una maggiore flessibilità nella gestione del debito, ma l'Europa sottolinea la necessità di rispettare i paletti posti ai conti pubblici nazionali dal Fiscal compact, dal Patto di stabilità e da tutta l'impalcatura delle regole europee. Proprio il Fiscal compact prevede l'impegno dei Paesi membri della Ue a ridurre ogni anno il proprio debito di un ventesimo della parte che supera il 60% del Pil.
Il premier nega «rapporti conflittuali» con le istituzioni europee, e ricorda: «Questo atteggiamento subalterno e supino di venire in Europa con il cappello in mano io non ce l'avrò mai».

Ad aprile l'appuntamento con il Def
Entro la metà di aprile l'Italia dovrà presentare a Bruxelles due documenti: il documento di programmazione economica e finanziaria (Def) e il piano nazionale di riforme (Pnr). Sarà quella l'occasione per indicare con certezza le coperture. Ai primi di maggio la Commissione presenterà le sue nuove previsioni economiche. Sarà verà il primo, vero giudizio dell'Ue sulla nuova Italia di Renzi.

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