Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 07:33.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:13.

My24

La maggior parte degli industriali tedeschi sa che l'Unione europea è ancora un mercato cruciale per l'export della Germania, nonostante che l'austerità abbia temporaneamente ridotto in modo drammatico i consumi e gli investimenti nel vecchio continente. Ma l'opinione pubblica tedesca, molti politici e l'establishment bancario e finanziario da qualche tempo pensano erroneamente che la "grande Germania" possa ormai quasi fare a meno dell'Europa dal punto di vista economico.

E a prima vista i dati della bilancia commerciale sembrerebbero suffragare questa crescente e sempre più diffusa convinzione.
Nel 2013 il saldo commerciale attivo tedesco con l'estero è stato complessivamente di 199 miliardi di euro, ma esso è stato generato per 155 miliardi da scambi con i Paesi extra-Ue e per 44 miliardi dagli scambi intracomunitari. Oltre i ¾ del surplus di Berlino sembrerebbe provenire da fuori Ue e solo meno di ¼ dall'Ue. Il che dimostrerebbe a prima vista che sotto il profilo economico-commerciale la Germania può guardare con maggiore interesse al mondo piuttosto che all'Ue. Tesi che si fa sempre più strada.
Quante volte negli ultimi anni abbiamo sentito economisti, opinionisti e giornalisti tedeschi rinfacciare agli altri Paesi Ue la superiore capacità della Germania di vendere prodotti nel mondo e di avere un grande surplus commerciale con i Paesi extra-Ue? Quante volte la forza della Germania nel commercio con i Bric e le economie emergenti è stata portata ad esempio di una competitività che gli altri Paesi Ue, ritenuti arretrati rispetto ai tedeschi, dovrebbero imitare? A queste argomentazioni è possibile contrapporre un "ma" grande come una montagna. Molti, infatti, sembrano essersi dimenticati del cosiddetto "effetto Rotterdam e Anversa" che gli statistici avevano già messo in evidenza in passato ma che negli anni recenti ha raggiunto dimensioni abnormi. Una sempre più rilevante quantità di merci è sbarcata nei porti olandesi e belgi, quindi registrata come import dell'Olanda e del Belgio e successivamente come export da questi Paesi verso i mercati europei di destinazione finale, benché si tratti nella quasi totalità dei casi di un mero transito. Molto import extra-Ue di Olanda e Belgio è a tutti gli effetti import extra-UE della Germania, così come molto export dell'Olanda e del Belgio verso la Germania non è un import intra-Ue bensì un puro passaggio di importazioni tedesche da Paesi extra-Ue nei porti olandesi e belgi.

Per avere un'idea di quanto questi fenomeni distorcano la percezione dei reali flussi commerciali, in particolare di quelli tedeschi, si possono citare le ultime statistiche dell'Eurostat relative al traffico merci dei maggiori porti dell'Ue nel 2012. In tale anno Rotterdam è stato il principale porto europeo, con un traffico merci di 396 milioni di tonnellate, seguito da Anversa con 165 milioni di tonnellate. A ciò si aggiunga che Amsterdam è il sesto porto europeo con 71 milioni di tonnellate movimentate. In totale, Rotterdam, Anversa e Amsterdam nel 2012 hanno gestito un traffico merci complessivo di 631 milioni di tonnellate, a confronto delle quali i 113 milioni di tonnellate di Amburgo (terzo porto Ue) e gli 82 milioni di Marsiglia (quarto porto) quasi impallidiscono. Va considerato, in particolare, il ruolo dell'Olanda come "hub" per i minerali energetici e i loro derivati: nel 2013 i Paesi Bassi hanno avuto, dopo la Germania, il secondo più forte import extra-Ue di questi prodotti, pari a 74 miliardi di euro; nello stesso anno hanno presentato il più forte export intra-Ue degli stessi, pari a una cifra dello stesso ammontare.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi