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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2014 alle ore 06:38.

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Ruolo unico senza fasce e dirigenti licenziabili
LA STRETTA SUI VERTICI
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La riscrittura degli attuali assetti della dirigenza pubblica passerà per il superamento delle due fasce previste nel ruolo unico (articoli 13-29 del Dlgs 165/2001 e successive modifiche introdotte dalla riforma Brunetta).
Una modifica che dovrebbe portare a profili di carriera effettivamente basati sugli incarichi ricoperti e gli obiettivi realizzati, non più anche (in molti casi solo) sugli scatti di anzianità. E con la postilla, non certo secondaria, della licenziabilità. La risoluzione del rapporto di lavoro, per come è stata presentata dal premier e dal ministro Madia, andrebbe ben oltre gli attuali profili disciplinari. Leggendo il testo della lettera si incontra infatti la possibilità del licenziamento per il dirigente che rimane senza un incarico oltre un certo termine (si dice 2 anni ma solo dopo la pubblica consultazione si deciderà sui dettagli). Una previsione già introdotta con la spending review del 2012 ma mai realizzato.
La riflessione sulla dirigenza dovrebbe portare poi a novità anche sulla valutazione dei risultati: «Va fatta seriamente e la retribuzione di risultato andrà erogata anche in funzione all'andamento dell'economia». È la conferma di quell'annuncio che era stato fatto a riguardo della dirigenza della sola presidenza del Consiglio (si attende il Dpcm) e che, se sarà nei provvedimenti di giugno, porterebbe a una revisione generalizzata dell'attuale ciclo della performance i cui risultati sono stati stigmatizzati ancora nell'ultima relazione dell'Autorità anticorruzione, laddove si segnalava come, nel 90% dei casi, i risultati di performance scattano quasi sempre per tutti indistintamente.
Le novità sulla dirigenza potrebbero portare alla cancellazione di figure storiche come, per esempio, i segretari comunali. Mentre non verrebbe più toccata la struttura della retribuzione fissa e di posizione. Il tetto introdotto dei 240mila euro lordi l'anno resta l'unica misura. Sulle retribuzioni si fa invece di nuovo riferimento ai limiti di cumulabilità dei compensi percepiti. Renzi ha fatto riferimento esplicito alla prima circolare firmata dalla Madia dopo l'insediamento: si proseguirà in quella direzione con un'attenzione rigorosa sul divieto di cumulo tra stipendi, consulenze e pensione
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240mila euro
Il tetto
Il livello massimo a cui può arrivare lo stipendio di un dirigente della Pa
Addio al trattenimento in servizio
PERSONALE DELLA PA
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ROMA
L'obiettivo confermato è di "svecchiare" una pubblica amministrazione ingrigita da anni e anni di blocco del turn over. Per farlo il governo utilizzerà tutti gli strumenti possibili prima di arrivare agli eventuali prepensionamenti. Ma sapendo che non c'è un tema esuberi e che gli interventi sul pubblico impiego non saranno disegnato con una logica di spending review.
Come ha spiegato ieri il ministro della Pa Marianna Madia, l'azione sul capitale umano potrebbe portare alla liberazione di almeno 10-15mila posti nei prossimi anni, agendo su diverse leve, tra cui quella del cosiddetto trattenimento in servizio, vale a dire la facoltà delle amministrazione di allungare il rapporto di lavoro di dipendenti e funzionari oltre i requisiti di pensionamento. Si tratta di un istituto sul quale già in passato sono stati fatti diversi interventi (si ricordi da ultimo la circolare interpretativa dell'ex ministro Filippo Patroni Griffi sull'articolo 24 del decreto salva Italia), e che ora torna nel mirino di palazzo Chigi.
«Se obblighi tutti ad andare in pensione, risulterebbe prudente la previsione di 10mila nuovi assunti, in realta i calcoli che abbiamo fatto sono tra i 14 e i 15mila da qui al 2018» ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, illustrando le linee guida della riforma della Pa.
Usando questo strumento e ricorrendo a quello che Madia ha chiamato «sblocco selettivo» del turn over, ecco aprirsi i margini per un ricambio generazionale nella Pa centrale e periferica. L'intervento verrebbe disegnato partendo da un'analisi dei fabbisogni standard delle diverse amministrazioni e verrebbe gestito in parallelo a una mobilità effettiva. Occorre «mettere in campo» una «mobilità che funzioni», sia «volontaria, ma anche obbligatoria, garantendo dignità al lavoratore», ha sottolineato il ministro con riferimento alle retribuzioni e alla «non lontananza dal luogo lavoro».

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