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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2014 alle ore 10:28.
L'ultima modifica è del 10 maggio 2014 alle ore 12:58.

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Il banchetto non è (ancora) finito, anche se offre tre portate su dieci in meno ai commensali. E la festa in qualche modo continua per tanti. Una festa che solo per consulenze è costata 825 milioni al corpaccione della pubblica amministrazione, più altri 239 milioni di incarichi ai dipendenti, soprattutto ai dirigenti. In tutto 1,05 miliardi. Costi miliardari, ma in calo di oltre 600 milioni (-34%) nel giro di soli dodici mesi. Effetto dei tagli alla spesa pubblica, dei primi colpi di scure ante spending review. Che hanno prodotto un dimagrimento di 31mila consulenti e un modesto aumento di 1.300 incarichi ai dipendenti pubblici. Sul campo restano 138mila dipendenti con incarichi e 157mila consulenti. Con scuola e sanità che continuano a fare la parte del leone e che insieme cumulano oltre 300 milioni di consulenze, poi l'universo di enti locali e regioni che sommano altri 280 milioni. Ma anche le università con 105 milioni fanno la loro parte, mentre i ministeri si sono fermati un anno fa a 28 milioni.

Risultati che non potrà non apprezzare il Governo, e anche considerare nelle trattative in vista dei prossimi passi che si appresta a muovere tra i tagli della spending e l'annunciata rivoluzione della burocrazia. Risultati che arrivano dal rapporto del ministero per la Semplificazione relativo al 2012, appena trasmesso al Parlamento dal ministro Marianna Madia ma messo a punto a fine dicembre dell'anno scorso dal suo predecessore. Quasi buone notizie, si direbbe, anche se tra incarichi e consulenze continuano a essere staccati assegni a nove zeri, chissà se sempre e quanto utili per i servizi della Pa, chissà quanto davvero sempre ben spesi. Questo lo diranno anche le indagini della Corte dei conti, che dovrà mettere sotto la lente le amministrazioni pubbliche che non hanno trasmesso, come è loro preciso dovere, tutti i dati su questi genere di spese.

A partire dalle spese per le consulenze, che sono tuttora nel mirino della magistratura contabile. Il rapporto del ministero parla di 156.931 incarichi in calo del 16,3% (31mila in meno) e di 273mila incarichi assegnati (-1%), per un totale di 825 milioni di compensi erogati, in diminuzione del 36,3%: 467 milioni in meno rispetto all'anno prima. Il tutto per un compenso medio per consulenza di 3.981 euro (-135) e un numero medio di 1,64 incarichi a persona.
Queste le medie. Che vanno però lette per singolo settore del corpaccione della Pa. Ecco così, ad esempio, che Regioni e autonomie locali hanno visto scendere i compensi concessi del 49%; i ministeri, le agenzie fiscali e Palazzo Chigi hanno tagliato intorno all'11 per cento. Meno della sanità (-34%), la regina delle consulenze con i comuni, della ricerca (-19%) e dell'università (-37%). La scuola ha sforbiciato le spese del 17 per cento. Ma 565 milioni di tutti gli 825 milioni – quasi il 70% dell'intera torta – di compensi erogati per consulenze continua a concentrarsi in tre grandi capitoli di spesa: servizio sanitario nazionale (223 milioni), regioni ed enti locali (272 milioni) e scuola (71 milioni). Con 123mila incarichi su 156mila totali. Da notare che i comuni da soli, nel 2011, assegnavano per consulenze 579 milioni. Il top in assoluto. Con la sanità "gallina d'oro" che poteva vantare al suo attivo più consulenze di alto valore (oltre 15mila euro).

Anche gli incarichi assegnati ai dipendenti pubblici hanno fatto segnare valori in discesa, tranne che per i 138.407 dipendenti cui sono conferiti incarichi (+1% circa) e per il numero di incarichi (262mila, +6,6%). Si attesta a 230 milioni l'ammontare dei compensi erogati, con una riduzione di 118 milioni in dodici mesi (-34%) con valore medio per singolo compenso di 1.358 euro. A fare la sua parte, spiega la relazione, sarebbero state le «sempre più stringenti regole di pubblicità e trasparenza» imposte per legge come il rafforzamento dei controlli. Spicca l'aumento di incarichi tra agenzie fiscali e dogane (da 885 a 3.307), nella ricerca (da 954 a 1.389). Crescono ancora nelle università (+4,6), nelle regioni (-1,2%) e nella sanità (+2,5%). Crollano invece dell'8,7% nella scuola. Un calo verticale che naturalmente si riflette anche sulle spese, per tutti i comparti. Con i maschi che hanno incassato il quasi il doppio delle colleghe femmine: 144 milioni contro 85 milioni. Le quote rosa nella Pa sono ancora un terno al lotto, anche se le donne sono ormai la maggioranza.

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