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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2014 alle ore 07:09.
L'ultima modifica è del 21 maggio 2014 alle ore 08:00.

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Se avesse seguito i consigli di Ernesto Calindri, Gianstefano Frigerio non sarebbe in una cella del carcere di Opera. Contro il logorio della vita moderna, meglio un Cynar che appalti e mazzette. Negli anni '70, quando era poco più che trentenne, l'ex segretario regionale della Dc lombarda e parlamentare di Forza Italia, condivideva con l'attore de «I bambini ci guardano» un posto nel consiglio di amministrazione del Nuovo teatro San Babila, la società che gestiva l'omonima struttura nel centro di Milano. Da allora Frigerio è stato per un breve periodo consigliere dell'Istituto bancario italiano (Ibi), dal 1989 fino alla sua incorporazione nella Cariplo nel 1991, e poi non si è mai più visto in un consiglio di amministrazione: spazzato via dalla stagione di Mani pulite.

Un giro nella banca dati della Cerved permette di ricostruire alcuni spezzoni delle vite dei componenti della presunta «cupola degli appalti», finiti in galera l'8 maggio. Ad eccezione di Angelo Paris, che ricopriva soltanto l'incarico di direttore generale di Expo 2015, e di Sergio Cattozzo, di cui si ricorda solo il ruolo di liquidatore, alla fine degli anni '80, nella cooperativa edilizia genovese Maria Veglia Seconda, le incursioni sugli altri protagonisti della presunta «cupola» rivelano spaccati interessanti. Li si può guardare da un'angolatura diversa, in ruoli e con persone che nulla hanno a che vedere con l'inchiesta.

L'indagine dei pm di Milano Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio ha riportato alla luce alcuni dinosauri dell'era di Tangentopoli, come Frigerio e Primo Greganti, e altri coinvolti in vicende più recenti come le scalate bancarie dei "furbetti del quartierino". E così si scopre che, ironia della sorte, uno di loro, l'ex senatore del Pdl Luigi Grillo, siede dal 2013 nel cda della Termomeccanica, la società di Enso Papi, vecchia conoscenza di Mani pulite. Papi fu arrestato quando era amministratore delegato della Cogefar Impresit del gruppo Fiat. Era l'8 maggio 1992 e la retata portò a San Vittore anche Frigerio, tornato in carcere - ma questa volta a Opera - l'8 maggio di quest'anno. A volte il caso sa essere bizzarro. Ma andiamo con ordine.

Frigerio, Forza Italia e il Ppe
Il professore, come lo chiamavano i suoi sodali, sostiene nel suo blog di essere stato «per l'ultima parte della Prima Repubblica (1974-1992) uno dei leader più autorevoli della Democrazia Cristiana lombarda», di aver ricoperto incarichi di «sindaco, presidente di enti ospedalieri, membro del consiglio di amministrazione del Teatro della Scala e dell'Università Statale». Conclude lamentandosi di essere stato «anche lui travolto dalla rivoluzione mediatico-giudiziaria di Tangentopoli; giudicato nelle piazze prima che nei tribunali».

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