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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2014 alle ore 12:10.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:54.

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L'era contemporanea, sortita dalle ceneri delle vecchie ideologie, pare averle ora sostituite con una nuova realtà virtuale, costituita dai numeri e dalle loro aggregazioni, che condizionano nel loro complesso le attività degli individui, delle organizzazioni e degli Stati. Ciò induce a ritenere che quella che Norberto Bobbio aveva chiamato "l'età dei diritti" sia stata sostituita da "l'età dei numeri". La base fideistica dalla quale dipendono le realtà economiche e politiche nei vari Paesi è costituita infatti dagli indicatori numerici del benessere, dello sviluppo, ma altresì delle sempre più intollerabili diseguaglianze, della disoccupazione, dell'inflazione, dei deficit e dei debiti pubblici. Le stesse teorie di politica economica hanno ancora come base fondamentale di riferimento il prodotto interno lordo (Pil).

Se tuttavia quei numeri economici, chiamati a definire il nuovo mondo, fossero anche parzialmente delle mere astrazioni e non rappresentassero affatto la situazione reale che pretendono di descrivere, indurrebbero a scelte sbagliate, come la cosiddetta politica di austerity ha clamorosamente dimostrato. L'uscita dalla crisi globale, economica e politica, dovrebbe dunque decisamente partire da una rivoluzione culturale, relativa proprio allo smantellamento della assoluta fede scientifica nei numeri, che già era stata posta in discussione a livello teorico più di ottant'anni fa dal "teorema di incompletezza" del grande matematico Kurt Gödel.

Eppure, l'ironia della sorte non smette mai di meravigliare. Il prodotto interno lordo, sommariamente definito dai consumi, dagli investimenti, e dalle spese pubbliche, più le esportazioni e sottratte le importazioni, dagli anni 30 del secolo scorso era considerato la misura vitale della prosperità degli Stati, secondo gli studi del noto economista Simon Kuznet. Esso costituì un corretto parametro di riferimento per l'economia del New Deal e della politica economica della Seconda guerra mondiale, ma con lo sviluppo tecnologico della globalizzazione avrebbe dovuto essere considerato completamente superato. Invece, si è con entusiasmo sbandierata la fine della crisi, perché il deficit di bilancio dei vari Paesi dell'Eurozona, per la prima volta dal 2008, è risultato inferiore al 3% del Pil, in conformità a quanto stabilito dal Trattato di Maastricht per l'Unione monetaria europea. Il risultato, considerato importante, a seguito dei tagli dei costi e delle spese pubbliche, non vale certo il prezzo pagato per l'aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze, per una crescita inesistente e per una situazione sociale ovunque in grande difficoltà.

Da tempo il contenuto del Prodotto interno lordo è stato peraltro soggetto a critiche e a revisioni che ne hanno continuamente dimostrato la fragilità intrinseca. Nel settembre 2014 il nuovo Sistema europeo dei conti (Sec 2010) entrerà in vigore, revisionando parzialmente i criteri di calcolo con modifiche quale l'inserimento delle spese di ricerca e sviluppo e, come recentemente ha fatto il Belgio seguendo l'Italia e la Gran Bretagna, la prostituzione e il commercio di droga.

Il canone dei numeri economici del Prodotto interno lordo è stato ancor più recentemente smentito negli Stati Uniti d'America, quando il 25 aprile scorso il Bureau of Economic Analisys ha deciso di formulare, in alternativa al Pil, considerato ormai obsoleto e largamente inesatto, una nuova misura per valutare la crescita economica, cioè la produzione lorda (Gross output: Go), che tiene conto delle vendite totali della produzione delle materie prime e di tutti i passaggi produttivi e di intermediazione fino al prezzo di vendita finale nel commercio al dettaglio. Se nel 2013 il calcolo del Pil americano è stato valutato in circa 17 trilioni di dollari, quello del Go ha superato i 30 trilioni di dollari.
Insomma, è indubbio che poiché lo sviluppo economico deriva in gran parte dall'aumento tecnologico, dal risparmio e dagli investimenti produttivi, il solo consumo calcolato dal Pil costituisce l'effetto e non la causa della prosperità e della crescita economica.

Vero è che l'età dei numeri è invece ancora vincolata alla centralità del Pil. Altri criteri alternativi, basati sui confronti del potere d'acquisto, hanno fatto recentemente prevedere che ad esempio la Cina nel 2014 supererà nel progresso economico gli Stati Uniti, con una accelerazione già prevista, ma con questi criteri, improvvisa e inaspettata.

L'unica conclusione che si può ora trarre è che la realtà economica politica e sociale è purtroppo falsata e mistificata dai numeri economici che ne costituiscono le fondamenta.
Che l'età dei numeri sia distorsiva completamente della realtà nella quale viviamo, lo conferma anche il semplice calcolo del deficit commerciale fra Stati Uniti e Cina, dove il valore dei prodotti è misurato secondo i criteri adottati dal Wto nel luogo dove avviene la loro trasformazione finale. E così, la contraente cinese Foxconn di Apple fa sì che nel commercio internazionale il calcolo degli iPhone e iPad assemblati in Cina e importati in California vengono computati interamente all'economia cinese, sicché ciò significa che ad esempio, secondo ciò che riporta Zachary Karabell nel suo recentissimo volume, gli iPhone americani di Apple aggiungerebbero almeno tra i 6 e gli 8 miliardi al deficit commerciale annuale con la Cina, con ulteriore imbroglio mediatico anche sulle opinioni e sulle azioni politiche. Quanto poi questi numeri economici sbagliati siano usati dalle multinazionali per eludere normative fiscali è fenomeno che fa parte anch'esso delle cronache attuali.

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