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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2014 alle ore 08:05.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 15:56.

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L'Italia vive una fase che potrebbe essere il passaggio dalla peggiore crisi del dopoguerra alla ripresa. È compito di tutti impegnarsi a fondo nei diversi ruoli altrimenti il declino proseguirà. Vediamo come e perché.

Europa e Italia. Dalle elezioni è venuto un chiaro segnale che gli italiani vogliono governabilità e governo e che sono tuttora europeisti come lo sono i tedeschi, malgrado la differenza delle situazioni economiche. Ciò ha dato molta forza anche al presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha mosso i suoi primi passi nella politica europea in vista del semestre a presidenza italiana. La sua proposta che prima di decidere sulle personalità ai vertici delle Istituzioni europee bisogna conoscere bene i programmi è una richiesta apprezzabile. Altre due situazioni almeno rivelano che l'Italia è anche un Paese responsabile. La prima è l'impegno generoso con cui stiamo fronteggiando gli sbarchi continui di migranti in Sicilia senza avere un adeguato sostegno nella Ue. La seconda è il grande rispetto manifestato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dagli altri Capi di Stato o di Governo (e in particolare dal Presidente Obama) alle celebrazioni del 70° anniversario dello sbarco in Normandia. Ciò è dovuto al suo prestigio ma anche al fatto che l'Italia rimane un Paese di rilievo.
Se anche noi apprezzassimo di più le positività del nostro Paese, questi eventi sarebbero maggiormente evidenziati anche dai mass media.
Bce e Draghi. Così come dovremmo essere più consapevoli che è italiana la personalità che dal novembre del 2011 presiede la Bce con quella coraggiosa professionalità che ha salvato l'euro e che si impegna adesso per superare la deflazione. L'opera di Draghi è stata molto difficile perché egli si doveva muovere tra i vincoli ai quali la Bce è sottoposta in base al suo statuto e ai Trattati europei, alla dottrina bloccante o comunque cauta di altre banche centrali e Governi della Eurozona, ai rischi di impugnative presso Corti costituzionali. Eppure con competenza e con saggezza politica, egli ha convinto, sia pure con fatica, i diffidenti.

I l successo di Draghi si può misurare in molti modi, ma il più evidente è il calo dei tassi di interesse e degli spread dal novembre del 2011 a oggi. Le misure decise la settimana scorsa (sui tassi d'interesse, sulla cessazione della sterilizzazione degli acquisti dei titoli di Stato, sul finanziamento alle banche(Tltro) a tassi molto bassi e con specifici vincoli di uso per finanziare le imprese) e quelle preannunciate ma in fase di perfezionamento (acquisto o accettazione in garanzia di crediti, cartolarizzati in Abs, concessi dalla banche commerciali alla clientela) delineano una politica monetaria espansiva fino al 2018. Alcuni non sono soddisfatti perché non c'è la creazione illimitata di moneta stile Usa con il "quantitative easing" della Fed, altri lamentano che Draghi doveva agire prima che la deflazione mordesse.

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