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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2014 alle ore 22:00.
L'ultima modifica è del 12 giugno 2014 alle ore 22:17.
Mentre i curdi di Erbil occupano la città del petrolio iracheno, Kirkuk, che considerano la loro storica capitale, le truppe regolari di Baghdad hanno abbandonanto la città al suo destino sull'onda dell'avanzata delle milizie islamiche. È una svolta importante, storica per l'Iraq, nella guerra dei miliziani dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil, detto anche dell'Iraq e Siria, quindi Isis) contro Baghdad che sta favorendo i curdi del Kurdistan iracheno e ridisegnando ancora un volta la geografia del martoriato Iraq del dopo-Saddam Hussein.
Kirkuk, la Gerusalemme irachena, una città dove ti sporchi le scarpe nel petrolio che affiora dalla terra, si trova in un'area contesa tra le autorità di Baghdad e quelle di Erbil. Già mercoledì c'era stato uno scontro fra peshmerga e miliziani jihadisti alle porte di Kirkuk, nel quale ad avere la peggio sono stati i combattenti dell'Isis che hanno perso 17 uomini. La provincia di Kirkuk è da un secolo al centro di una disputa tra arabi, curdi e turcomanni. La città, situata appena al di fuori dalla regione autonoma del Kurdistan iracheno, nel nord, possiede il 20% delle riserve petrolifere del Paese. Kirkuk è una città multietnica con oltre un milione di abitanti, arabi sciiti e sunniti, curdi, turcomanni, assiri caldei e cristiani.
Durante il passato regime di Saddam Hussein, la popolazione curda di Kirkuk fu deportata e sostituita con coloni provenienti dal sud. Per decenni, Saddam tentò di cancellare ogni traccia della cultura curda: vietò la lingua e offrì agli arabi incentivi per trasferirsi a nord e occupare la città. Dopo la caduta del regime, migliaia di curdi tornarono a Kirkuk. Da allora l'obiettivo è inglobare di nuovo la città nel Kurdistan iracheno, quello che è oggi appunto avvenuto.
Ecco che torna l'Iran
Ad aggravare la situazione è entrato in gioco anche l'Iran degli ayatollah che ha promesso di aiutare l'Iraq a combattere il «terrorismo» e l'offensiva «selvaggia» dei miliziani qaedisti, ormai alle porte di Baghdad. Lo ha annunciato il presidente della Repubblica islamica, Hassan Rohani, senza precisare quale tipo di sostegno militare sarà fornito al governo iracheno. Teheran è il principale alleato del governo iracheno di Nuri Al Maliki, nel nome della comune matrice religiosa sciita. Secondo il Wall Street Journal l'Iran avrebbe già dispiegato forze della Guardia Rivoluzionaria per combattere i militanti jihadisti aiutando le truppe irachene a riconquistare il controllo della maggior parte della città di Tikrit.
Attacchi aerei contro le postazioni dei ribelli a Mosul
Il governo a maggioranza sciita iracheno ha lanciato attacchi aerei contro postazioni dei ribelli sunniti nella città di Mosul e nei suoi dintorni, mentre le forze islamiste avanzano verso la capitale Baghdad e le truppe curde hanno assunto il controllo della città petrolifera di Kirkuk. Lo riporta il Financial Times. Le ultime iniziative dei gruppi etnici e confessionali della nazione hanno alimentato i timori di una secessione de facto dell'Iraq, suddiviso in aree sciite, curde e sunnite. «Lo stato dell'Iraq è a rischio crollo imminente», ha affermato Faisal Istrabadi, ex vice ambasciatore dell'Iraq presso le Nazioni Unite.
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