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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2014 alle ore 16:27.
L'ultima modifica è del 18 giugno 2014 alle ore 23:18.

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Nelle ultime settimane l'Iraq è nel caos, gli estremisti islamisti sunniti hanno preso Mosul a Nord, poi Tikrit, città natale di Saddam Hussein quindi dall'alto valore simbolico, per poi procedere verso la capitale Baghdad dove ventiquattr'ore fa il Dipartimento di Stato americano ha evacuato lo staff dell'ambasciata.

Oggi alcune delle principali compagnie petrolifere occidentali hanno dato l'ordine di evacuare a gran parte del proprio personale in Iraq, notizia che filtra direttamente dalla compagnia di Stato dell'Iraq. In serata il governo iracheno, direttamente il primo ministro Nouri al-Maliki, chiede agli Stati Uniti di effettuare raid aerei contro i jihadisti nel nord del Paese. Lo annuncia il ministro degli Esteri, Hoshyar Zebari: «Abbiamo chiesto ufficialmente a Washington di aiutarci, nel quadro dell'accordo per la sicurezza tra i due Paesi, e di effettuare raid aerei contro i gruppi terroristici» dice il ministro.

Il presidente Barack Obama è in contatto con i vertici politici iracheni - scrive Bloomberg - non ha dato segnali di un imminente ordine di intervento militare per correre in aiuto del governo sciita contro i jihadisti sunniti che minacciano Baghdad. «Obama sta ancora valutando tutte le opzioni possibili» dice il portavoce della Casa Bianca Jay Carney. Una risposta militare americana non risolverebbe il conflitto - ha ragionato Carney - e Obama sta esaminando le potenziali conseguenze di un'azione alla luce dei nostri interessi e della sicurezza nazionale americana». Sicuramente - ha aggiunto il portavoce - non verranno mandate truppe sul campo. Ma non ha voluto dire se il presidente chiederà l'autorizzazione del Congresso per i raid aerei con droni o aerei pilotati a distanza.

In giornata c'è stata «una massiccia evacuazione» dello staff della Exxon Mobil, mentre British Petroleum avrebbe già evacuato il 20% dei suoi addetti. Ne dà notizia il canale americano Cnbc riprendendo le dichiarazioni di Dhiya Jaffar, numero uno della compagnia petrolifera statale irachena South Oil Company. Sempre secondo quanto riferito da Jaffar, le altre major, fra cui Eni, Schlumberger, Weatherford e Baker Hughes, non hanno invece al momento piani per l'evacuazione dal paese a fonte della rapida avanzata dei militanti sunniti.

Queste compagnie sono insediate nel sud del paese, dove il governo ha ancora saldamente il controllo della situazione. «Posso assicurare le compagnie - ha detto Jaffar - che gli attuali sviluppi nel paese non hanno impattato e non impatteranno in alcun modo le operazioni nel sud». Un portavoce dell'Eni ha poi dichiarato: la sicurezza del nostro personale è la nostra priorità e continuiamo a monitorare da vicino la situazione in Iraq. Al momento, la Regione di Bassora dove è sito il giacimento di Zubair, non è colpita dalle rivolte e stiamo tenendo sul luogo il personale essenziale».

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