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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2014 alle ore 11:25.
L'ultima modifica è del 18 giugno 2014 alle ore 11:58.

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«Lei non ha mai chiesto: "Scusami Claudio (Scajola ndr), fermati un attimo, spiegami perché stai facendo questa cosa per Amedeo Matacena? Perché ti stai mettendo nei guai per Amedeo Matacena?"».

Il pm Giuseppe Lombardo, che alle 15.50 del 29 maggio comincia ad interrogarla nel carcere di Reggio Calabria, ha il solito tono suadente mentre rivolge questa domanda a Chiara Rizzo, moglie in via di divorzio dell'armatore reggino Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa passata in giudicato il 5 giugno 2013. Forse perde anche la pazienza Lombardo, che aveva iniziato chiedendole conto dell'apertura di conti correnti a Monaco e alle Seychelles per i quali si sarebbe prodigato anche Scajola, perché prosegue dicendole «perché… perché, voglio dire, lei da persona sveglia, questa voglio dire non lo riscontriamo oggi… » e difatti lady Matacena risponde a modo: «io non sono una stupida…io sono sveglia…».

Fatto sta che Lombardo e il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio, che con lui interroga Chiara Rizzo, battono e ribattono sul punto: ma perché Scajola stava aiutando uno come Matacena? Perché, continua Lombardo nell'opera di "martellamento" «non lo ha fermato mai (Scajola, ndr) per dire, scusami…Che stai facendo? Perché lo fai? Che affari insieme avete? Che segreti vi nascondete? Che cosa è successo quando eravate parlamentari insieme? Come mai tu hai deposto a suo favore a Reggio Calabria? Perché Scajola ha deposto a favore di suo marito nel processo Olimpia…».

Niente da fare, Chiara Rizzo non sa neppure che l'ex ministro dell'Interno 20 anni prima aveva deposto in uno storico processo che a Reggio Calabria aveva svelato gli intrecci perversi tra politica, imprenditoria e massoneria deviata.

Vincenzo Macrì, oggi procuratore generale ad Ancona ma all'epoca dominus di quel procedimento che istruì, dichiara al sole24ore.com: «Ricordo che fu chiamato come testimone a favore di Matacena. All'epoca Scajola era capogruppo in Parlamento di Forza Italia e la sua fu una testimonianza molto formale che sostanzialmente negava ogni legame tra il suo amico Matacena e le cosche di ‘ndrangheta». Già, perché in quel processo il nome di Matacena fu accostato alla cosca Rosmini, senza però (in quel momento) alcun prosieguo giudiziario.

Lombardo lascia passare qualche tempo e ritorna alla carica: perché Scajola decide di farsi in quattro per Matacena? E Chiara Rizzo comincia a cedere: «Quando glielo ho chiesto tutto questo…le sue risposte sono state, che erano questioni di interesse e...più che altro di cuore…perché lui era dispiaciuto, perché era successo questo fatto politico, lui lo voleva…sapeva che lui era una brava persona, un bravo ragazzo, l'aveva conosciuto da tanti anni…».
Lombardo si infila nel varco con un'ipotesi. In quella comune militanza politica, afferma il pm della Dda reggina chiedendone conto a Rizzo, «Scajola e Matacena sanno magari di determinati rapporti; è evidente che se Matacena si sente abbandonato ancora oggi può decidere di raccontarli questi rapporti con persone scomode… uh? ».

Eccolo l'affondo che, nelle ipotesi investigative, riporta agli anni in cui, sull'asse Milano-Roma-Reggio Calabria-Palermo, si diede vita a Forza Italia. La Procura, in altre parole, sta andando (e da tempo) a verificare i rapporti e i collegamenti con forze, diverse da quelle politiche, che furono all'origine del nascituro partito. Scajola sotto ricatto dunque o comunque a conoscenza di cose scomode? Matacena con scheletri nell'armadio pronto a tirare fuori, nel caso in cui uno dei suoi più cari amici, Scajola appunto - ma probabilmente anche altri e non è un caso che si vocifera a Reggio da giorni di un'altra ondata di indagati - si fosse tirato indietro di fronte alla richiesta disperata di aiuto?

Ne è talmente convinta la Procura che, infatti, poco dopo Lombardo chiede a Rizzo se dal marito avesse «mai percepito che lui sia in possesso di notizie che possono far male...o su quel raggruppamento politico o su altre persone di quel raggruppamento politico…». Lombardo, stremato, chiede per l'ultima volta a Rizzo se su questa ipotesi la Procura è fuori strada ma, niente da fare, lady Matacena nulla sa e nulla, infatti, dice. Spetta alla magistratura continuare ad appurarlo in attesa, magari, di chiederne conto a Matacena quando e se rientrerà da Dubai.

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