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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2014 alle ore 07:30.

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Venti giorni fa la notizia che qualcosa nella storia di Internet stava per cambiare. Google, il motore di ricerca più importante e conosciuto al mondo, rilasciava un modulo per consentire ai cittadini europei di richiedere la rimozione di link che contengono informazioni personali "inadeguate o non rilevanti". Ora i primi risultati stanno per arrivare. Secondo il New York Times, infatti, entro fine giugno Big G rimuoverà dai risultati di ricerca i primi link giudicati lesivi del diritto all'oblio, come previsto dalla sentenza della Corte europea del 13 maggio scorso.

Sono oltre cinquantamila le richieste pervenute a Mountain View dal giorno della diffusione del modulo. Una marea che ha intasato la posta di Google soprattutto nei primi tre giorni. E nelle ultime ore sono giunte le prime risposte agli utenti da parte del team di legali che Google ha predisposto per portare avanti le pratiche. Per le richieste ritenute valide, i link "cattivi" saranno rimossi dalle ricerche. E' ancora da chiarire, invece, la scelta da parte di Google di notificare o meno, a fondo pagina, l'eventuale rimozione di qualche risultato. C'è un ulteriore particolare che non è ancora molto chiaro, e che lo rimarrà almeno fino al primo link rimosso: in caso di riscontro positivo, infatti, Google provvederà a rimuovere il risultato dalle ricerche eseguite dai domini europei. Ciò vuol dire che su google.com il risultato lesivo del diritto all'oblio potrebbe rimanere comunque visibile. Una beffa, insomma.

Schiaffo canadese a Big G
Intanto arriva dal Canada un autentico schiaffo al colosso di Mountain View. La Corte Suprema della British Columbia ha infatti ordinato a Google di rimuovere dai risultati di ricerca circa 300 siti. E questa volta il diritto all'oblio non c'entra niente. La decisione dei giudici canadesi è relativa alla denuncia da parte di un'azienda contro un'azienda rivale che vende dispositivi di rete prodotti in violazione del copyright. Denuncia ritenuta fondata dalla corte che ha chiesto a Google di rimuovere ogni pagina web contenente il listino prezzi dell'azienda sotto accusa. Big G incassa il colpo, anche stavolta. E a pensarci bene pare proprio che il destino dei motori di ricerca stia imboccando una strada tutta nuova. Quanto effettivamente migliore lo scopriremo presto.

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