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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2014 alle ore 10:48.
L'ultima modifica è del 30 maggio 2014 alle ore 20:37.

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(Reuters)(Reuters)

Sono già 12mila le richieste di rimozione arrivate da tutta Europa, in meno di una giornata, dopo che Google ha aperto la possibilità ai cittadini europei di poter inviare con un modulo su Internet la richiesta di rimuovere link inadeguati, a loro riferiti. A quanto risulta all'Ansa, in alcuni picchi, le richieste sarebbero 20 al minuto.

Larry Page non ha perso tempo. E a due settimane dalla sentenza della Corte Europea sul cosiddetto "diritto all'oblio" Google mette a disposizione degli utenti un modulo web attraverso il quale i cittadini europei possono chiedere al motore di ricerca la rimozione di risultati non rilevanti sul proprio conto.

La notizia è stata diffusa da Google, e lo stesso Page ha rilasciato un'intervista al Financial Times nella quale ha spiegato nel dettaglio la decisione presa da Big G. Una decisione storica, perché per la prima volta un cittadino potrà chiedere a un motore di ricerca la rimozione di link sul suo conto, se ritiene questi «inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi in relazione agli scopi per cui sono stati pubblicati».

Le ragioni di Google. «Per ottemperare alla recente decisione della Corte Europea, - fa sapere un portavoce di Google - abbiamo reso disponibile un modulo web attraverso cui gli Europei possono chiedere la rimozione di risultati dal nostro motore di ricerca. La sentenza della Corte richiede a Google di prendere decisioni difficili in merito al diritto di un individuo all'oblio e al diritto del pubblico di accedere all'informazione. Stiamo creando un comitato consultivo di esperti che analizzi attentamente questi temi. Inoltre, nell'implementare questa decisione coopereremo con i Garanti della Privacy e altre autorità».

La procedura
Inutile dire che, almeno nelle prime fasi, il processo sarà complesso e non privo di problematiche. Molti esperti di diritto della comunicazione, infatti, hanno storto il naso leggendo la sentenza della Corte Europea. E gli stessi motori di ricerca non hanno accettato di buon grado la decisione dei giudici. Ma Google ha deciso di muoversi in fretta realizzando il modulo per la richiesta di rimozione dei link.
Il procedimento, analizzando il form creato dai programmatori di Big G, appare molto essenziale. C'è da selezionare il Paese dell'Ue al quale l'utente appartiene, poi i propri dati (nome, cognome e indirizzo mail, allegando la scansione di un documento di identità), gli url per i quali è richiesta la rimozione e un breve messaggio nel quale si spiega la motivazione della richiesta. Roba di pochi minuti, insomma. Ancora non sono chiare, invece, le tempistiche per la rimozione. Anche perché Google potrebbe essere subissata di richieste già da oggi. E inizierà il difficile compito di separare le richieste legittime da quelle illegittime, tese esclusivamente alla censura.

Le critiche

Nella sua intervista al Financial Times, Page ha sottolineato come Google non abbia riscontrato grossi problemi nell'adeguarsi alla sentenza della Corte Europea. «Questa storia avrebbe potuto farci male quando Google era ancora composta da tre persone in un garage. Oggi siamo una grande azienda e abbiamo le risorse per affrontarle questo tipo di situazioni». Tuttavia il CEO di Google non ha nascosto le sue preoccupazioni, e nell'affermare che avrebbe gradito un maggiore coinvolgimento in una decisione del genere, non esclude che questa sentenza possa essere utilizzata anche da altri governi «che non sono così progrediti come l'Europa» per ottenere risultati «meno buoni».
C'è da dire - e lo stesso Page non lo nasconde – che il tema in questione è veramente difficile, e sicuramente ci vorrà del tempo per capire quale possa essere la strada più giusta. «La perfezione in questi casi non esiste» ha detto il Ceo di Google. E' necessario trovare un equilibrio complesso fra il diritto del singolo cittadino e il diritto all'informazione. Proprio per questo Google si avvarrà di un team di esperti del quale fanno parte Jimmy Wales (Wikipedia) e Luciano Floridi (docente di filosofia e etica dell'informazione all'università di Oxford).
La decisione della Corte Europea, del resto, mira a tutelare una tipologia di diritti. Ma allo stesso tempo ne mina altri. Decidere cos'è meglio sarà una sfida notevole. Probabilmente quella più complessa che Goolge si trova ad affrontare dal giorno della sua nascita. C'è in ballo la libertà del web, in fondo. E non è mica poco.

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