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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2014 alle ore 15:27.

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Altra novità è l'introduzione di una serata alla settimana, il venerdì, in cui tutti i grandi musei saranno aperti fino alle 22, come avviene in grandi Paesi europei, offrendo l'opportunità, un giorno alla settimana, anche a chi lavora o anche a un turista che cominci un weekend il venerdì di andare a visitare un grande museo fino alle 22.
Mi pare che questi passi siano passi piccoli, ma che vanno nella direzione di individuare davvero questa come la vocazione del Paese, tutti insieme.
Quando io ho accettato di fare il ministro della cultura, ho visto, anche rispetto ad altre opzioni, con sofferenza, come non si sia creduto in questa attività, come sia stata sempre trattata in modo secondario. Davvero mi sento di mettere a disposizione di questa missione, che non è la mia, ma è quella del nostro Paese, il sistema di esperienza parlamentare, di governo e di relazione che nei diversi anni del mio percorso politico ho accumulato. Sento, infatti, che questa è davvero una missione collettiva. Che riguardi il privato o il pubblico non c'entra nulla. Siamo tutti insieme. È una missione del Paese, che riguarda i diversi livelli istituzionali.

Se questo è vero, potremmo cominciare a costruire un nuovo Rinascimento, in cui l'Italia reinveste su se stessa e acquisisce una forza formidabile nell'era della globalizzazione, purché lo facciamo ognuno per la sua parte, sapendo oltretutto che, l'UNESCO, che bene fa, quando parla dei siti del patrimonio materiale o del patrimonio immateriale, li chiama "patrimonio dell'umanità", non "patrimonio dello Stato, del Comune, del privato, della Chiesa o del FAI". Li chiama "patrimonio dell'umanità". Questa è la logica in cui noi dobbiamo agire.

Abbiamo questo enorme tesoro. Io l'ho detto altre volte: ho l'impressione che camminiamo su un terreno di pepite d'oro e che non ce ne accorgiamo da anni. È su quello che dobbiamo davvero investire e in cui dobbiamo credere, ed è anche soprattutto una grande missione in questa stagione di tagli.
Quando si è nella crisi e non ci sono le risorse, la prima tentazione, naturalmente, è quella di tagliare la cultura a livello locale o a livello nazionale. Si taglia lì perché si pensa che sia qualcosa in più. Questo è veramente lo sbaglio che dobbiamo rovesciare. Adesso si è fermata la stagione dei tagli e dobbiamo passare alla stagione degli investimenti.

Io ricordo sempre un episodio che mi pare sia proprio ricalcato sulla nostra crisi. Quando a Churchill andarono a proporre tagli alla cultura per finanziare lo sforzo bellico, guardò i funzionari che glieli erano andati a proporre e rispose: «Ma allora per cosa combattiamo? » Io credo che la risposta sia esattamente questa: combattiamo per uscire dalla crisi. Non tagliamo la cultura, ma anzi investiamo sulla cultura, altrimenti dovremo farci la domanda: «Per cosa combattiamo?».Grazie."

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