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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2014 alle ore 14:00.
L'ultima modifica è del 29 giugno 2014 alle ore 14:23.

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L'azione dell'Europa deve indirizzarsi verso il potenziamento delle politiche di sviluppo per creare più occupazione e quindi più reddito. Il mercato più grande del mondo (con 500 milioni di cittadini-consumatori) e la seconda ricchezza aggregata più importante del pianeta non può concentrarsi solo su regole e vincoli senza affrontare il tema strategico dell'espansione dell'economia e, per quella strada, della convergenza verso una vera Europa politica. Il sogno degli Stati Uniti d'Europa ora può ripartire dalla moneta comune per approdare all'idea di un intero continente senza barriere interne, con standard di vita e di lavoro simili e con un'idea condivisa sul diritto di cittadinanza. Il semestre di presidenza italiana della Ue può contribuire a creare le condizioni per centrare obiettivi importanti per dare corpo alla nuova Europa della crescita e del lavoro.

1 - È fondamentale aumentare l'integrazione del mercato interno e implementare l'idea dell'"Industrial compact" che la Commissione uscente lascia in eredità ai nuovi leader europei. Obiettivo di medio periodo dovrebbe diventare la creazione di un vero e proprio bilancio per l'industria dando a questo settore la dignità istituzionale che oggi ha l'agricoltura. Punto di arrivo dovrebbe diventare una Politica industriale comune sul modello della Pac. Ciò costringerebbe i partner europei a stabilire un'agenda di priorità industriale e a favorire la specializzazione dei territori.

2 - Decisivo è arrivare a escludere dal computo del disavanzo la quota di cofinanziamento nazionale dei fondi Ue. Per l'Italia si tratta di una partita da almeno 7 miliardi entro il 2015 (ma che diventano 12 se si considerano anche il Fondo sviluppo coesione e gli altri fondi nazionali integrati in aggiunta alla programmazione strutturale). L'aumento dei fondi per i progetti legati al trasferimento tecnologico all'industria deve diventare una priorità strategica. L'accesso ai finanziamenti va aperto anche ai soggetti privati e non limitato a soggetti istituzionali. L'Europa dovrebbe indicare alcune direttrici strategiche su cui orientare i driver dello sviluppo del prossimo settennato a partire dalla nuova "manifattura additiva" basata sullo sviluppo tecnologico delle stampanti 3D.

3 - È ormai indifferibile il cambio di passo nella definizione di una politica energetica comune. Le tensioni tra Russa e Ucraina (e, prima, tra Russia e Georgia) oltre ai focolai mai domati in Medio Oriente e in Nord Africa rendono urgente la definizione di un programma per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico per l'Europa. Gran Bretagna e Polonia hanno proposto l'idea di una Agenzia europea dell'energia che negozi per tutti i Paesi i contratti di fornitura energetica con i grandi produttori. È evidente che si tratta di una soluzione ad alto potenziale che aumenterebbe il potere contrattuale dell'Europa. Il Vecchio Continente non può non avviare un piano energetico aperto allo shale gas e alle attività di fracking e basato sull'uso razionale e coordinato delle energie rinnovabili.

4 - Le reti sono il grande sogno del Libro verde di Jaques Delors e non hanno ancora trovato una vera definizione compiuta in piani operativi di sviluppo del continente. L'Europa deve aumentare le connessioni a tutti i livelli: dalle linee digitali per il trasferimento di dati e informazioni alle pipeline per il transito di gas. Le altre infrastrutture vanno connesse in reti di nuova generazione immaginando nuove forme e modalità di integrazione dai porti agli aeroporti, dalle reti ferroviarie a quelle autostradali.

5 - Bisogna ripensare la competizione globale partendo dall'assunto che competere divisi tra europei non è più sostenibile. Va rafforzata l'antitrust europea, ma nel contempo si deve cominciare a ragionare secondo specializzazioni non nazionali ma modellabili in base al nuovo concetto di "distretto europeo". Servono programmi comuni per creare una contaminazione tecnologica e una vera digitalizzazione comune della manifattura europea sostenuta da veri programmi europei. Naturalmente le eventuali asimmetrie geografiche e di contesto andranno corrette con politiche di redistribuzione del reddito e di risorse che rendano la specializzazione produttiva compatibile con l'idea originale di una Europa solidale.

6 - Oggi la capacità europea di negoziare temi di economia globale è vicina allo zero. Invece occorre aumentare la capacità di intervento commerciale verso i nostri principali partner globali, a cominciare dagli Stati Uniti e dal Ttip, il patto transatlantico sugli scambi e sugli investimenti. Il trattato commerciale va integrato nel disegno comune di politica industriale europea. Si tratta di una delle poche competenze delegate a Bruxelles, ma, alla fine, il negoziato risulta timido e imbelle perché la definizione degli interessi retrostanti è ancora saldamente in mano ai singoli Stati. Potrebbe essere utile creare una figura di un Alto rappresentante per l'economia globale o rafforzare le competenze dell'attuale Alto rappresentante della politica estera.

7 - Gli Eurobond sono stati al centro di animate discussioni durante la fase più acuta della crisi dell'Eurozona. Italia, Francia e i Paesi più direttamente colpiti dalla crisi del debito sovrano sono da sempre favorevoli, ma l'opposizione della Germania ha finora bloccato ogni possibilità di discussione. La mutualizzazione del debito è una delle soluzioni migliori per creare strumenti di rilancio degli investimenti per grandi opere e infrastrutture continentali. Aperture in questo senso vengono ora anche dai socialdemocratici tedeschi (partito coinvolto nella grande coalizione); lo stesso Juncker con l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti aveva lanciato l'idea degli eurobond. Il Sole 24 Ore ha lanciato la proposta formulata dall'ex premier ed ex presidente della Commissione Ue, Romano Prodi, assieme all'economista Alberto Quadrio Curzio, degli Euro Union Bond: emissioni obbligazionarie comuni ai Paesi dell'Eurozona, garantite dalle riserve aurifere degli stessi. Emissioni comuni legate a precisi progetti di sviluppo infrastrutturale, oltre i project bond della Bei, potrebbero dare un forte impulso alla ripresa europea.

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