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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 09 settembre 2014 alle ore 16:05.

Si fa e si dice, online. Ma se ti scoprono? Si querela. A New York un gruppo di 25 proprietari di appartamenti è sul piede di guerra con il colosso dell'affitto online Airbnb, citato in giudizio per aver "violato la privacy" di migliaia di utenti del servizio. Secondo l'accusa depositata nei giorni scorsi al tribunale dello Stato, il sito che spopola negli affitti low cost per studenti e turisti avrebbe condotto "negoziazioni segrete" con il procuratore Eric Schneiderman a margine di un'inchiesta sugli affitti abusivi nella City.

Airbnb, come già scritto dal Sole 24 Ore, aveva accettato di divulgare i dati dei locatori, sia pure in forma anonima e con ampio preavviso. Troppo poco per la Procura, che aveva chiesto un pacchetto unico con nominativi, indirizzi e prezzi d'affitti. Troppo e basta per gli utenti sotto indagine, che accusano la start up californiana di aver "infranto il rapporto" che la lega ai propri partner e consegnato "dati sensibili" senza alcuna autorizzazione.

L'inchiesta: Airbnb e gli "hotel abusivi" nel centro di Manhattan
Insomma: il portale fondato a San Francisco nel 2008 resta "il più amato dai new yorker" quando fa pubblicità, un po' meno se espone i clienti alle multe per evasione fiscale sulle - peraltro pesanti - tassi immobiliare della Grande Mela. Ma cosa ha portato alla causa depositata in tribunale, da un gruppo di utenti che si qualifica come "i New Yorkers che sbarcano il lunario con l'economia condivisa"?

Facciamo un passo indietro. Il procuratore Schneiderman avvia l'anno scorso un'inchiesta sugli affitti abusivi a New York, nel vivo delle lamentele degli albergatori per un business che starebbe "distruggendo" il tradizionale business del turismo nella Grande Mela. Airbnb, che ha raggiunto i 3 milioni di ospiti nel 2012 e proprio a New York offre affitti a 65 dollari in meno rispetto alla media, finisce nel mirino e riesce a concordare un compromesso con gli inquirenti: il gruppo trasmette alla Procura i dati in forma anonima di circa 16mila utenti, gli inquirenti possono chiedere informazioni aggiuntive su quelli che sollevano sospetti.

Le leggi immobiliari dello Stato considerano illegale l'affitto per un periodo inferiore ai 30 giorni, ad esempio sulla lunghezza di un weekend o di ferie brevi da una o due settimane. Che è esattamente quello che fanno i 2/3 dei clienti di Airbnb, secondo una stima commissionata da Schneiderman e non confermata né smentita dai responsabili del sito. E al di là della "sola" infrazione, il procuratore teme l'evasione delle tasse sull'affitto che dovrebbero esercitarsi su stanze e appartamenti da più di 1000 dollari al mese.

La furia degli host
La società di San Francisco ha sempre sottolineato che l'inchiesta toccherà solo una "ristretta frazione" nella comunità di New York, "meno dell'1%" di un servizio che resta usato nella maniera più adeguata nella maggioranza dei casi. Non la pensano proprio così i locatori che si sono scoperti sotto il monitor della Procura, in aggiunta ai più di 2mila già espulsi dalle registrazioni per non aver "fornito un'esperienza locale e di qualità agli ospiti". I proprietari indicati a Schneiderman sono 107, con una scheda comprensiva di nome, cognome, numero di telefono, account sui social media e tariffe offerte per il soggiorno.

Secondo l'accusa la divulgazione sarebbe avvenuta nella più totale estraneità dei diretti interessati, visto che i soggetti segnalati - ha dichiarato al New York Post l'avvocato del gruppo Adam Leitman Bailey - non erano al corrente dell'accordo e non hanno ricevuto la notifica di preavviso dalla società. "In sostanza sono dei traditori: questi proprietari sono loro partner, invece che ringraziarli gli fanno spendere soldi per pagare un avvocato che li difenda. È disgustoso" insiste Bailey, legale specializzato in real estate e protagonista di alcune delle "più monumentali vittorie" nelle contese immobiliari degli ultimi anni. "Facebook o Google hanno mai diffuso dati personali senza un ordine del tribunale? È una cosa mai sentita".

«C'è chi mangia, con Airbnb»
La linea di Bailey, comunque, offre uno spaccato in più sulla funzione di Airbnb: molti clienti affittano o dicono di affittare per "arrivare a fine mese", come spiega il nominativo ad effetto scelto dai 25 cittadini che hanno mosso guerra al sito. A quanto dichiarato da Bailey, "almeno 10 persone vivono nelle case che affittano in settimana e visitano amici nel weekend" e "quattro sono disoccupati. Lo fanno per dare da mangiare ai propri figli". Più tiepida la ricostruzione di Airbnb, che ha divulgato i dati dopo aver contestato come "estensiva" la richiesta della Procura di aver accesso a tutti i dati: "Dopo che abbiamo raggiunto questo accordo e il processo è continuato, siamo diventati sempre più confidenti che il Procuratore generale fosse veramente preoccupato di un numero relativamente ridotto di proprietari che considerava "cattivi attori". E che la vasta maggioranza della nostra comunità non è mai stata bersaglio delle sue indagini".

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