L'elezione del nuovo presidente della Repubblica

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Priorità alle nuove istituzioni

Quali sfide dovrà affrontare il nuovo presidente della Repubblica? L’attenzione pubblica sembra essere focalizzata sulle caratteristiche personali di quest’ultimo, assai meno sui problemi strutturali che egli/ella dovrà contribuire a risolvere.
Avere presente queste sfide, peraltro, può aiutare a scegliere il candidato più idoneo per affrontarle. Io vedo almeno tre grandi sfide strutturali che il nuovo presidente della Repubblica dovrà affrontare.

La prima sfida deriva dalla riforma ancora in corso del sistema elettorale e parlamentare. Al di là delle sue convinzioni personali, il nuovo presidente della Repubblica dovrà contribuire a portare quella doppia riforma alla sua conclusione positiva e accelerata. Se il processo riformatore fallisse, i suoi effetti sulla credibilità dell’Italia sarebbero devastanti.

Se il processo di riforma venisse rallentato, il governo Renzi avrebbe la legittimità per chiedere la dissoluzione del parlamento, ovvero nuove elezioni. In questo caso, gli effetti sarebbero devastanti sulla reputazione del nuovo presidente della Repubblica, messosi nella condizione di firmare lo scioglimento delle camere come primo significativo atto della sua presidenza.

Per evitare entrambi gli effetti, il nuovo presidente della Repubblica dovrà agire attivamente, seppure da dietro le quinte, per ridimensionare l’opposizione alla riforma. Solamente un presidente dotato di una sua autorevolezza personale potrà svolgere quell’azione con efficacia. Tale autorevolezza non gli/le basterà per moderare il Movimento 5 Stelle, espressione di uno stato di indignazione che da anni si trasferisce da un capo-popolo ad un altro.

Sarà invece necessaria per moderare quelle componenti radicali del sistema politico (in particolare a sinistra) che non sono riuscite ancora a conciliarsi con i cambiamenti intervenuti. Insomma, dovrà proteggere il processo di riforma, prevenendo allo stesso tempo la drammatizzazione da parte dei suoi oppositori.

La seconda sfida deriva dalle trasformazioni in corso del sistema di governo. L’integrazione europea, ed in particolare dell’eurozona, ha portato ad una verticalizzazione del processo decisionale nell’office del primo ministro. Si tratta di una trasformazione dirompente, imposta da necessità sistemiche, non già dalla cattiva volontà dell’uno o dell’altro leader politico. Il capo dell’esecutivo è l’unica figura istituzionale che può negoziare a nome di un paese nelle istituzioni intergovernative in cui si prendono decisioni collettive.

Se fino a pochi anni fa vi era una sorta di dualismo tra capo dell’esecutivo e ministro dell’Economia, dopo la crisi dell’euro, e le misure introdotte per gestirla, quel dualismo non è più possibile. Poiché le decisioni di politica economica hanno sempre di più una valenza politica, è evidente che i capi degli esecutivi sono stati spinti a centralizzarne il controllo, anche sul piano tecnico. Tale verticalizzazione può essere affrontata con varie strategie di riequilibrio.

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