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«Restiamo nel governo?» Così il ministro chiedeva la linea…

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le intercettazioni

«Restiamo nel governo?» Così il ministro chiedeva la linea al supermanager

A leggere gli atti degli inquirenti di Firenze, sembrerebbe che il vero ministro fosse Ercole Incalza, il super manager delle Infrastrutture, e non Maurizio Lupi, a capo del dicastero nel governo Renzi. Fra i due c'è un rapporto di fiducia e amicizia, evidentemente. Ma anche qualcosa di più: la necessità di Lupi di ricevere consigli e direttive sulle decisioni politiche. Consigli e direttive che peraltro Incalza assumeva con un certo decisionismo, indicando ai politici di turno cosa fare e dove mettere le risorse finanziarie.

La procura definisce Incalza come «consulente di fatto» di Lupi, anche in tempi recenti, dopo il suo pensionamento.
In una conversazione del 17 febbraio 2014 Lupi chiede aiuto a Incalza per decidere se rimanere o meno nel governo. Lupi: «Mi hai abbandonato?...Dovendo prendere delle decisioni importanti nella mia vita se tu mi abbandoni io le prendo senza sentire». Incalza: «Ma ti hanno dato il programma? Chi l'ha fatto il programma?». Lupi: «Ma ti ho detto...prendi 'sto Cipe, rivoluzioniamolo, ribaltiamolo». Incalza: «C'abbiamo tutti i provvedimenti pronti...». Lupi: «Non ho capito cosa pensi tu...». Incalza: «Io penso che fin quando non c'è certezza converrebbe non salire su questo governo. Finché non c'è un programma chiaro non ha senso». Lupi: «E metti che il governo diventi chiaro?». «A quel punto...hai visto, ho elencato dettagliatamente anche la parte economica, i tempi e tutto...l'hai visto?». Lupi: «Tu suggerisci di rimanere? Io sono veramente dubbioso...o mi rifaccio il partito, oppure rimanere dentro...e rimanere a fare cosa?». Incalza: «Dovrebbe essere un periodo completamente diverso da questi 10 mesi...».

Incalza decideva sulle questioni strategiche e urgenti del Paese. Dall'inchiesta fiorentina emerge che il 17 novembre 2014, parlando al telefono con il ministro Lupi, il manager «manifesta la sua preoccupazione per la proposta di alcuni parlamentari di togliere i soldi per il terzo valico per destinarli al ripristino urgente delle opere danneggiate dalle alluvioni in Liguria. Il ministro lo rassicura dicendogli che anche lui è contrario a tale proposta».
E ancora più indietro nel tempo, nel maggio 2014, Incalza si oppone al decreto Franceschini, che si proponeva di garantire una percentuale per la Cultura prendendo soldi dalle grandi opere. «Noi siamo contrari per quanto riguarda il 3%. Il 3% non può essere solo sulla Legge obiettivo, è sulle infrastrutture...noi abbiamo chiarito che da sempre, quando c'era Ornaghi, e anche quando c'era l'altro ministro e da quando c'è lui...non possiamo mettere una norma che riguarda solo le opere della Legge obiettivo...le infrastrutture sono anche quelle che fanno le Regioni, le attività ordinarie dell'Anas, delle Ferrovie, diglielo a Franceschini!».

Incalza non potrà esercitare il suo potere invece contro la decisione dell'Anac di commissariare il Mose. Il 16 gennaio 2015 parla ancora con Lupi e dice: «Sono preoccupato della dichiarazione che ha fatto ieri Cantone, ha detto che il Mose è costato 2,4 miliardi in più...è falso».

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