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Dossier Chiuse le Olimpiadi di Rio, appuntamento a Tokyo nel 2020

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Dossier | N. 97 articoliOlimpiadi e Paralimpiadi di Rio 2016

Chiuse le Olimpiadi di Rio, appuntamento a Tokyo nel 2020

Rio (Lapresse)
Rio (Lapresse)

RIO DE JANEIRO - “Valeu” dice Rio al mondo, dopo aver ospitato i XXXI Giochi olimpici. E lo fa con una cerimonia che più brasiliana di così non si può: musica, ritmo, allegria, fuochi d'artificio a cinque cerchi con alcuni momenti memorabili, come l'inno brasiliano cantato dai bimbi, il premier giapponese Shinzo Abe nei panni di Super Mario Bros e lo spegnimento del braciere, mentre Mariene de Castro canta “Pelo tempo que durar” sotto il diluvio. Singing in the rain and enjoy. È stata una cerimonia semplice ma bellissima, un abbraccio forte al mondo per raccomandargli: sorridi e divertiti.

Lo show, realizzato al Maracanã dalla Filmmaster dell'ad Antonio Abete con Marco Balich nella veste di produttore esecutivo, è iniziato con il conto alla rovescia scandito dall'orologio che nel 1909 aveva al polso il brasiliano Santos Dumont, padre del volo. È una serata dai toni quasi biblici, fra pioggia, vento e freddo.


I Brasiliani, con ritmo martellante e colori, ricordano la loro terra grazie agli scenari più belli di Rio: la musica è quella corale dei Basbatuques. Per passare poi alle note morbidissime della struggente “Carinhoso”, creata nel 1917 da Pixinguinha e João de Barro e cantata da Martinho da Vila: “Meu coração, não sei porque
 bate feliz, quando te vê” (Il mio cuore, non so perché, batte felice, quando ti vede). Queste parole introducono 27 bambini di bianco vestiti e con stelle luminose in mano. Rappresentano i 26 stati del Brasile più il Distretto Federale di Rio e cantano l'inno nazionale lasciando il Maracanã quasi in venerazione: sono le nuove voci pronte a rinnovare la vita e il Paese.

L'ombra di Carmen Miranda lascia spazio alla sfilata delle bandiere delle 207 delegazioni che hanno partecipato ai Giochi: per l'Italia c'è Daniele Lupo, argento nel beach volley con Paolo Nicolai e reduce da un cancro, come a dire che la vita e lo sport sono più forti di tutto. Su un tappeto di canzoni trascinanti, atleti di tutti i Paesi insieme, alcuni con scarpe che si accendono a ogni passo, allenatori, selfie, medaglie al collo e boccacce alle telecamere per dire “Io c'ero” e riempire il campo del Maracanã. Ora ci sono davvero tutti.

Per un ripasso di arte brasiliana: le coreografie in movimento ricordano i primi segni preistorici, il repertorio indigeno, l'arte manuale. Come quella di una donna sola al centro dello stadio mentre ricama sulle note della bellissima “Mulher rendeira” e celebrare la maestria, tutta dei neri, dell'arte del ricamo. Continuano le coreografie, molte sostenute dai video, come nella cerimonia di apertura, per abbattere i costi.

Dopo la premiazione della maratona maschile, vinta dal keniano Eliud Kipchige, e la presentazione dei nuovi membri eletti nel Cio (con qualche fischio per Ylena Isinbayeva), il grazie dello stadio ai volontari, trascinati dal ritmo di “Jack soul Brasilero”.

Continua a piovere ma è come se nulla fosse. L'inno nazionale della Grecia annuncia il protocollo del passaggio della bandiera olimpica dalle mani del sindaco di Rio Edoardo Paes (fischiato il giusto) a quelle del governatore di Tokyo, signora Yuriko Koike. Il Giappone aspetta, dopo l'edizione del 1964, l'Olimpiade e apre le porte fin da oggi con “arigato”, grazie in giapponese, con i palazzoni di Tokyo, con il colpo di teatro del premier Shinzo Abe che veste i panni di Super Mario, con il logo dei Giochi che si compone e scompone sul terreno dello stadio: see you in Tokyo.


Intanto, Carlos Arthur Nuzman, presidente del comitato organizzatore di Rio, scalda il Maracanã con parole di orgoglio purissimo: «Sono l'uomo più felice del mondo: questa città è migliore grazie al lavoro di tutti e il Brasile ha dimostrato che non si tira indietro davanti alle battaglie. Tutti i brasiliani sono eroi olimpici». Poi, il presidente del Cio, Thomas Bach, ha ringraziato i Brasiliani «per l'irresistibile gioia di vivere e la calorosa ospitalità» e ha ricordato gli atleti del team dei rifugiati: «Ci avete ispirato con il vostro talento: uniti nella diversità saremo più forti». E rivolto ai Brasiliani: «Siamo arrivati in Brasile come ospiti, torniamo a casa come amici. Sarete per sempre nei nostri cuori, sono stati Giochi meravigliosi nella Città meravigliosa. Hanno lasciato nuovi diritti per la generazioni che verranno, la storia di Rio sarà un'altra dopo i Giochi». E infine termina con la ritualità: «Dichiaro chiusi questi Giochi olimpici e ci ritroveremo fra quattro anni a Tokyo».

È davvero tempo di andare. Ma ancora un pensiero a Rio e a chi l'ha resa Rio, e cioè Roberto Burle Marx, architetto e designer. La canzone “Pelo tempo que durar” di Marisa Monte e Adriana Calcanhoto, interpretata da Mariene de Castro, attrice e cantante brasiliana, porta verso lo spegnimento del braciere, creato dall'artista Usa Anthony Howe e acceso dall'ex maratoneta Vanderlei De Lima nella notte del 5 agosto. Diluvia, è una cascata di acqua, di note e di emozioni. Sembra una scenografia scritta con grande maestria: è semplicemente la pioggia di Rio. Mariene canta sotto la pioggia e il braciere si spegne ma “Cidade maravilhosa”, direttamente dagli anni ’60, una marcia di carnevale, chiude la serata fra balli e colori mentre al centro si alza verso il cielo un immenso albero. È carnevale purissimo, carri, samba, ballerini, gioia, festa. Per la saudade c'è tempo da domani.

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