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Questo articolo è stato pubblicato il 28 maggio 2010 alle ore 08:52.
Nella metropolitana di New York stupiscono per quanto sono già numerosi. Fino a ieri, all'aeroporto di Parigi erano invece ancora circondati da una scia di rarità desiderata. Lo possedeva solo chi era entrato in un negozio americano. O i tantissimi che avevano convinto un amico viaggiatore a fare quella commissione. Ma da oggi, anche fuori dagli Stati Uniti, per chi lo ha prenotato sull'onda dell'entusiasmo, finisce l'attesa e comincia il surf sulla tavoletta con la Mela.
I dati parlano chiaro: la domanda di iPad supera di molto l'offerta, anche se fino al 28 gennaio scorso nessuno sapeva di aver bisogno di un iPad. Negli Stati Uniti le vendite settimanali di tablet Apple hanno superato quelle dei Macintosh e almeno 1,8 milioni di persone ci leggono da tempo libri e giornali, ci giocano o ci guardano i video. Le prenotazioni in Australia, Giappone e Canada hanno superato le 400mila. In Europa sono più di 600mila. E gli italiani si dimostrano superinteressati: lo hanno ordinato in 125mila.
Perché? Che cos'è mai questo iPad? Steve Jobs, presentandolo, aveva instillato la sua visione dicendo, come il poeta, quello che non è: non è un computer e non è un telefonino. È l'erede di una lunga serie di tentativi di trovare un oggetto che serva a fruire nel modo migliore possibile delle informazioni e delle conoscenze offerte dal web, dall'editoria digitale, dalla neotelevisione della rete.
I suoi antenati sono il Newton, il Palm, l'ebook. Tutti oggetti che avevano aperto strade in territori ancora immaturi o incompleti. Oggi, evidentemente, un intero ecosistema innovativo sembrava chiedere all'iPad di esistere.