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Tecnologie Cellulari

Cosa manca al nuovo iPhone? Le «frequenze» per la banda larga mobile

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2010 alle ore 14:59.

NEW YORK - Il nuovo iPhone al debutto a San Francisco, nasce azzoppato per un problema sistemico che oggi affligge l'America, ma domani potrebbe affliggere l'Italia e l'Europa: la saturazione delle frequenze. A Los Angeles, dove ho partecipato la settimana scorsa al convegno digitale D8 del Wsj, mi sono accorto che in America siamo già arrivati all'incubo: non ci sono abbastanza "frequenze" per "sostenere" adeguatamente il traffico dati dei moderni smartphone affamati di capacità di banda. La rete mobile è in una situazione di grave congestione.

E per dati si intende e-mail, ma anche film, programmi televisivi, documenti, musica, giochi, migliaia di applicazioni e quant'altro, tutto da scaricare. Risultato, l'iPhone, icona degli smartphone di nuova generazione e dell'internet mobilem spesso si ammutolisce. E non stiamo parlando di dati, ma di voce, quando si soffre, la sofferenza è totale. E visto che il sistema è già in panne, immaginiamo che succederà con la nuova versione iPhone, più ricca, potente, con nuove applicazioni da scaricare, con un occhio video per trasmettere su Skype e con l'aggiunta nella lunga coda cyberspaziale di un paio di milioni di utenti iPad. Per fare un sinonimo auto, il motore e le vetture sono sempre più belle, ma il carburante è sempre più scarso.

Per questo, a Rancho Palos Verde dove si è tenuto il convegno, ho visto Steve Jobs provato: sotto attacco di utenti che gli chiedevano che cosa facesse in proposito. Gli raccontavano come spesso, durante la giornata, soprattutto sulla costa occidentale, ma anche a Houston o a Los Angeles, il servizio muore, a volte anche per tre ore di fila: non si riesce neppure a parlare, figuriamoci inviare dati. E Jobs faceva spallucce: «È vero. Lo sappiamo. Facciamo quel che possiamo».

Fra l'altro ha preannunciato che potrebbe rompere l'esclusiva con ATT e aprire ad altri carrier se il problema non sarà risolto entro settembre. L'operatore reagisce. Anche lui si prepara a un annuncio formale questa mattina: la rottura del pacchetto complessivo che consente a tutti di usare a un prezzo fisso gli accessi voce/dati e l'introduzione di un tariffario. Chi più consuma più paga. Non proprio una soluzione visto che, come a Palos Verdes mi ha detto dottamente Julius Genachowski, il presidente della Fcc, l'agenzia per le comunicazioni, il numero delle frequenze è comunque «finito...quando si arriva al tetto non ce ne sono più.....Per noi è un problema serio, in parte l'abbiamo ereditato, in parte sappiamo di avere paletti insuperabili. Ma Obama ci sta pensando...dovremo recuperare frequenze dalle televisioni»".

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Non solo. Con la saturazione, e con il nuovo piano Att, gli sviluppatori di applicazioni tremano: significherà quasi certamente una riduzione di traffico, una minore domanda per un settore che si andava facendo trainante con una componente endemica. Att smentisce. Dice che offrirà un piano per due Gigabit al secondo da 25 dollari al mese. In teoria sembra ottimo perché consente di scaricare 10mila e-mail o di avere 200 minuti di video e secondo la Att solo il 2% dei suoi clienti ha bisogno di più spazio. Ma, alla fine, per quel drappello avanzato che "scarica" per lavoro o per divertimento, "...ci vogliono 550 megabyte per scaricare un'ora di telefilm e 300 megabyte per il download di un film da due ore da Netflix..." come ha osservato il New York Times di questa mattina.

Si aggiunga che il mercato degli smartphone è in costante ascesa, anzi i vecchi cellulari si stanno trasformando in device evoluti abilitati al web. E la "tendenza" è già prassi: una stima di Morgan Stanley prevede un raddoppio ogni anno per i prossimi tre anni dell'uso del "mobile" per dati. In America la piattaforma mobile diventa così lo svincolo principale per le trasmissioni, attenzione, anche di "entertainment".

Questo per dire che chi pensa nella scatola del vecchio modello diciamo televisivo è fuori dal tempo: l'etere tradizionale, via Tv, come unico mezzo per dare quiz o serie televisive o film pensa nel passato. Oggi in America il consumatore chiede di poter vedere quello che vuole quando vuole. Vuole scaricare un programma quando ha un momento libero perchè è all'aeroporto in attesa di un volo notturno. E non usa il computer, usa il cellulare. è dunque sbagliato parlare di "concorrenza" fra televisione e telecomunicazione, di guerra per accaparrarsi le frequenze, perchè alla fine nell'era di Internet gli interessi convergono.

Il problema è comunque gravissimo, difficile, attuale. Con molte implicazioni d'affari e politiche. La prima riguarda noi: a che punto siamo? Per ora di rischio sovraccarico o di interruzioni per ore della funzione "voce" dei cellulari, in Italia non c'è. Per ora. La spiegazione infatti non dipende dal fatto che abbiamo più frequenze, ma che abbiamo ancora un traffico dati molto povero. E dunque il rischio è che potrebbe essere solo questione di tempo. Come sappiamo, prima o poi quel che capita in America, nel bene o nel male, arriva anche da noi. E noi? Ci stiamo preparando? No. Il governo deve decidere, ma non ci sono date. Gli ottimisti parlando del 2012, i realisti del 2015. E il dibattito avviene ancora nel contesto che vede schierati su fronti opposti etere per televisione e per cellulari. Ho parlato con Vincenzo Vita, senatore DS in commissione di vigilanza Rai e con Antonio Pilati dell'Autorità per la Concorrenza che fu commissario in Agicom. Hanno visioni politiche diverse, ma convergono sulla necessità di "attrezzare" il Paese. In questo caso entrambi vedono la sfida come una sfida non ideologica ma pragmatica.

E questo è rassicurante. Ma non credo che la nostra Telecom e altri carrier si siano già mossi per giocare d'anticipo con verifiche del potenziale di copertura delle frequenze attuali proiettate su situazione estreme. Aggiungo: c'è un intero settore infocom – dati, applicazioni, intrattenimento etc. - in divenire che, ripeto, da noi è appena agli inizi ma è a rischio di essere soffocato. E questo sarebbe il male più grande perché i crocevia dello sviluppo passano per la tecnologia, per l'apertura, per l'esposizione alle novità. Essere tagliati fuori da questo processo significa essere tagliati fuori dal mondo.

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