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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2010 alle ore 15:51.
Facebook fa mea culpa e annuncia che imporrà agli sviluppatori di applicazioni per il social network criteri più restrittivi riguardo la gestione dei dati personali degli utenti. La marcia indietro arriva dopo le polemiche suscitate da un articolo del Wall Street Journal che accusava la società di non vigilare abbastanza sulla tutela delle informazioni riservate dei suoi 500 milioni di iscritti.
Secondo il Wall Street Journal numerose fra le più amate e diffuse applicazioni di Facebook (tra cui il videogioco Farmville) hanno passato dati come il nome degli utenti, e in alcuni casi quello dei loro amici, con correlate informazioni personali di ogni genere ad almeno 25 società pubblicitarie e di ricerche di mercato su Internet.
L'accusa in sostanza è quella di aver tradito l'accordo che tacitamente ogni utente stringe con Facebook. Un patto in base al quale l'utente accetta che Facebook utilizzi le informazioni personali per inviare pubblicità personalizzata purché il social network non abusi di questo patrimonio di dati accettando di rendere noto solo ciò che l'utente decide. E soprattutto vigilando sulla gestione dei dati.
La giustificazione offerta dai titolari del popolare social network è che gli sviluppatori di applicazioni non hanno passato intenzionalmente le informazioni. Lolapps, una delle società che lavora in questo campo, ha ammesso che c'è stata una violazione delle policy di Facebook, ma ha assicurato che la situazione sarà risoltà il prima possibile.
Tra gli accusati c'è anche Rapleaf, una società di San Francisco, accusata di aver scandagliato il social network per creare una sorta di database di utenti, poi venduto a società di pubblicità. Sul blog aziendale Rapleaf ha comunicato che non passerà più queste informazioni e ha scritto che la trasmissione di dati non faceva parte di un "piano aziendale concordato".