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La simmetria della natura

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2010 alle ore 06:43.

E=mc2 è la formula matematica più nota al mondo. Ci racconta della grandiosa scoperta di Einstein: materia ed energia si possono trasformare una nell'altra, come succede al centro del Sole con la fusione nucleare che fornisce l'energia alla nostra stella e quindi a noi. È una formula incredibilmente semplice e potente e stranamente popolare: la troviamo perfino nelle barzellette o stampata nelle T-shirt, ed è anche uno splendido esempio della "irragionevole efficacia" della matematica, il linguaggio con cui riusciamo a spiegare i fenomeni della natura, dal più semplice, la caduta di una foglia dal ramo, al più complesso, l'espansione dell'Universo.

Questa potente leggerezza della matematica ha fatto dire un giorno a Mario Livio, famoso astrofisico rumeno naturalizzato americano: «Ma Dio è un matematico?» Era a una conferenza e con questa frase non voleva affrontare alcun tema religioso ma stupirsi con la platea della potenza di questa disciplina. «Speriamo proprio di no» rispose uno studente. Risposta divertente che Livio, un fisico teorico che per molti anni è stato direttore scientifico dell'Hubble Space Telescope a Baltimora, ha adottato come titolo al suo ultimo libro (nell'edizione italiana il punto interrogativo è caduto per decisione dell'editore).

«Perché la matematica funziona così bene per spiegare i fenomeni fisici più di base? Su questo si sono esercitate le menti più illustri, da Pitagora a Einstein, per trovare una risposta che forse non c'è. Io penso che non ci sia un'unica ragione, ma un insieme. Innanzitutto noi non scegliamo in modo arbitrario la matematica da usare ma operiamo oserei dire di selezione, considerando solo quelle matematiche, fra le tante che esistono, che "funzionano" bene nello spiegare e descrivere i fenomeni. Un esempio facile: se abbiamo un vaso e lo riempiamo di acqua con una brocca useremo come misura il volume, geometria, ma se lo riempiamo di dadi di pietra allora useremo i numeri per far capire quanti ne abbiamo inseriti, aritmetica. Scegliamo quindi quale strumento matematico usare caso per caso, non c'è una matematica "one size fits all". E altrettanto semplice della formula di Einstein sullo scambio materia-energia è quella del l'espansione dell'Universo. Tanto più distante è una galassia tanto maggiore è la velocità con cui si allontana: v=Hd, dove h è un numero costante. Più distante = più veloce a fuggire da noi. Straordinariamente semplice».

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Certo, ma non è facile capire perché le matematiche funzionano molto meno bene in situazioni che potrebbero sembrare meno complesse, come le previsioni del tempo o l'andamento dell'economia. «Ma anche qui ci sono delle sorprese stupefacenti: la formula di Scholes e Merton, che valse loro il Nobel per l'economia, ci dice come assegnare il prezzo a un'opzione azionaria. Ma la stessa equazione è stata perfettamente usata per descrivere il moto delle particelle sospese in acqua o aria, come il polline e addirittura il moto delle stelle che stanno, a migliaia, concentrate in un ammasso stellare».

Si arriva facilmente alla domanda principale seguendo questa pista: la matematica è una creazione raffinata della nostra mente per descrivere la natura o invece è insita nella natura stessa, esiste addirittura per sé e noi semplicemente la scopriamo di volta in volta, così come scopriamo le stelle e le galassie o gli elementi chimici? «Scienziati, logici e filosofi si sono sempre divisi a metà fra queste due ipotesi. Non c'è dubbio che se non ci fossero veramente delle leggi che governano la natura noi non le potremmo mai scoprire. L'Universo, ad esempio ha un altissimo grado di simmetria, l'atomo di idrogeno che vediamo qui in laboratorio è lo stesso che vediamo nella galassia più lontana finora fotografata, a 13 miliardi di anni luce da noi. L'astrofisica ce l'assicura in modo definitivo».

È questa dunque la simmetria della natura: le leggi della fisica non cambiano trasportandole nello spazio e nel tempo. «La mente umana entra esattamente a questo punto: nel descrivere i fenomeni usando la matematica che chiaramente dipende anche dai nostri sensi. Se non potessimo vedere gli oggetti distinti gli uni dagli altri, ma confusi, non avremmo mai potuto pensare ai numeri naturali, uno diverso dall'altro. Egualmente se non potessimo vedere spigoli e discontinuità non avremmo mai potuto sviluppare la geometria. La nostra percezione della realtà ha giocato e gioca un ruolo fondamentale nel descrivere con la matematica la natura».

L'affascinante mistero insomma continua ma abbiamo capito anche un'altra importante questione: se esistono altre civiltà potrebbero utilizzare matematiche diverse dalle nostre, dovute ai loro specifici sensi. Come parlarci allora, dato che consideriamo la matematica proprio il linguaggio fondamentale e universale della natura?