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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 16:19.
I giudici del tribunale di Westminster hanno deciso che Julian Assange, accusato di duplice stupro, può uscire di prigione pagando una cauzione di 200mila sterline. Il fondatore di Wikileaks dovrà comunque sottoporsi ad alcune restrizioni, come ad esempio presentarsi ogni giorno alla polizia. Il 39enne australiano era stato imprigionato il 7 dicembre scorso, dopo essersi consegnato alla polizia britannica nell'ambito del mandato di arresto spiccato dall'Interpol per l'inchiesta di stupro aperta in Svezia. Nella prima udienza, il giudice gli aveva negato la libertà condizionata.
Intanto c'è attesa per OpenLeaks: è l'archivio che sfida i principi di Wikileaks nella raccolta di informazioni su internet. Non pubblicherà i documenti ricevuti, ma invece collaborerà in modo diretto con giornali, organizzazioni non governative e altre istituzioni per distribuire le notizie ottenute dalle «gole profonde». Per adesso non è ancora operativo, ma una prima versione sarà attiva nei prossimi giorni: è previsto che entri a regime dall'inizio dell'anno prossimo.
Eppure si moltiplicano i progetti locali promossi dai sostenitori di Julian Assange, l'australiano che ha fondato Wikileaks. A partire da Belgio, Germania, Bulgaria, Indonesia. La formula dei cloni nazionali è in tre punti: adattamento al contesto territoriale, protezione della riservatezza e assicurazioni sulla trasparenza dell'informazione. Ma le incertezze dei progetti proposti dagli "assangisti" non sono poche. Un gruppo anonimo, per esempio, ha lanciato BrusselsLeaks: vuole raccogliere documenti sulle attività dell'Unione europea, soprattutto riguardo alla sostenibilità ambientale. E chiede di inviare le informazioni attraverso un servizio di posta elettronica in grado di tutelare l'identità del mittente. Ma gli "assangisti" belgi imitano il fondatore di Wikileaks anche in un punto controverso: chiedono trasparenza, ma non sono trasparenti sulle loro risorse economiche e sulle loro motivazioni.
In Germania, invece, è stato un quotidiano di Essen, "Westdeutsche allgemeine zeitung", ad aprire su internet uno spazio dove chiunque può inviare in forma anonima i documenti: nel messaggio rivolto ai lettori sulla pagina iniziale, si insiste sulle garanzie di protezione per le fonti e sul rapporto con la redazione giornalistica. È più complesso l'esperimento di BalkanLeaks: annuncia di voler «promuovere la trasparenza e combattere i collegamenti tra criminalità organizzata e corruzione politica negli Stati balcanici». Per tutelare la riservatezza chiede di utilizzare Tor, un software che consente di navigare su internet senza rivelare l'origine della propria connessione a internet. Secondo il quotidiano "Sofia Echo", è stato fondato da un espatriato bulgaro a Parigi. Dall'Indonesia arriva, invece, il progetto di Indoleaks: segnalato nei microblog di twitter, ha attirato la curiosità del pubblico online, ma non è raggiungibile da giorni.