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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2011 alle ore 09:38.

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L'altra faccia del nuovo Codice dell'amministrazione digitale è una PA locale che arranca e si muove ancora a fatica tra i computer e la rete, che perde tempo e denaro a rincorrere competenze e tecnologie. Come dire: da un lato c'è lo sforzo di innovare per rendere efficiente e pratica l'azione pubblica: informatizzazione e risparmio.

Dall'altro ci sono dipendenti di regioni, province, comuni, comunità montane e unioni di comuni che cercano con affanno di affrontare quello strano sistema Ict o di sopperire a lacune informatiche di base. Tutto questo ha un costo, ça va sans dire. Il "costo dell'ignoranza informatica nella pubblica amministrazione", titolo della ricerca condotta dall'Aica (Associazione italiana per l'informatica e il calcolo automatico), in collaborazione con la Scuola di direzione aziendale della Bocconi, sul mondo della PAL dove sono impiegate circa 600mila persone. Quanto paghiamo dunque quest'ignoranza? Oltre 205 milioni di euro.

Secondo la ricerca, i dipendenti della pubblica amministrazione locale usano il computer per il 69% del proprio tempo lavorativo, e dichiarano di perdere almeno 47 minuti a settimana dietro alle difficoltà incontrate con lo strumento informatico. Una perdita di tempo attribuibile per un terzo alla scarsa conoscenza informatica, e per il resto ai problemi stessi dei sistemi Ict. Ma quest'improduttività si traduce anche in un costo annuo, per addetto, di circa 1000 euro. Che, confrontato con quello medio di un dipendente della PAL, porta a stimare che il tempo improduttivo speso a causa dell'ignoranza informatica valga circa 346 euro all'anno per dipendente. In totale, più di 205 milioni di euro annui.

«Spesso si pensa che mettere a disposizione strumenti Ict basti a migliorare la performance e la produttività del lavoro, senza porsi il problema di chi li dovrà utilizzare», ha commentato il presidente di Aica, Rodolfo Zich. Così nel tempo «le scarse competenze – spiega Zich - impediscono di sfruttare appieno i vantaggi della tecnologia, se non addirittura creano ostacoli».

Per misurare gli effetti della formazione informatica sulla produttività, sono stati sottoposti a un corso di formazione di base oltre un centinaio di dipendenti pubblici di varie amministrazioni locali. Risultato: conoscenze informatiche cresciute del 23% in termini assoluti e produttività migliorata del 12 per cento.

Il potenziale aumento di produttività nella PAL: 2,2 miliardi di euro l'anno
Poiché si stima che il valore dell'aumento della produttività sia di circa 3900 euro all'anno per ogni soggetto, un piano di formazione su tutti gli utenti informatici potrebbe generare nella PAL un ritorno di ben 2,2 miliardi di euro. Si tratta di stime che, nelle parole del professor Pierfranco Camussone di SDA Bocconi, «devono far riflettere: la PA, nel suo insieme, dà lavoro al 14,6% dei lavoratori italiani». E la PA locale è, per numero di dipendenti, il terzo comparto del settore pubblico dopo l'istruzione e la sanità. «La PA locale – continua Camussone – è il soggetto più vicino a tutti noi, le sue efficienze o inefficienze influenzano la vita quotidiana e le attività delle aziende: la sua capacità di innovarsi con le tecnologie rappresenta un'opportunità per i cittadini e un volano per le imprese».

Certo non tutte le lentezze sono imputabili all'ignoranza informatica degli utenti: analizzando le chiamate all'help desk in alcuni grandi enti pubblici locali, si è scoperto infatti che, sì, il 40% delle chiamate ha come origine la scarsa perizia informatica del personale, e solo il 17% i guasti nelle infrastrutture. Ma il 26% dei problemi segnalati derivano da errori degli specialisti, che non hanno progettato correttamente l'infrastruttura o ne hanno trascurato l'aggiornamento. Ergo: anche per gli specialisti bisogna prevedere un'adeguata formazione, perché se i problemi nascono a monte, a valle tra gli utenti rischiano di moltiplicarsi.

Un ruolo centrale per l'inclusione digitale del cittadino
Dove la pubblica amministrazione dimostra, in positivo, un ruolo centrale è nei progetti per l'inclusione digitale dei cittadini. Secondo l'indagine di Aica, condotta su oltre 2mila cittadini di quattro regioni che hanno sviluppato un percorso formativo di alfabetizzazione basato sul programma europeo eCitizen (Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Valle d'Aosta), gli obiettivi di un utilizzo più allargato della rete sono stati raggiunti in pieno. Il 78% dei cittadini a rischio di esclusione digitale, e che hanno partecipato ai corsi di alfabetizzazione, ora usa Internet, contro il 48% relativo all'intera popolazione italiana sopra i 20 anni. E in particolare, contro un 31% riferito ai cittadini appartenenti a categorie socio economiche simili a quelle degli "alfabetizzati". Gli scarti principali si sono rilevati per le casalinghe (82% contro un 13% a livello nazionale) e per i pensionati (67% contro un 13%).

«Il fatto che sia la PAL a promuovere le iniziative di e-inclusion – ha osservato Fulvia Sala di Aica – è un valore aggiunto importante, perché gli enti locali hanno quella vicinanza e conoscenza del territorio che permette di creare offerte formative aderenti alla realtà e ai bisogni dei propri cittadini». «Per il futuro – è la conclusione – possiamo solo augurarci che questi interventi si estendano e vengano sostenuti dalle amministrazioni».

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