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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2014 alle ore 20:46.
L'ultima modifica è del 08 settembre 2014 alle ore 23:19.

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Alla fine Airbnb ha dovuto cedere. Il portale degli affitti brevi, concorrente numero uno degli alberghi nelle grandi città di tutto il mondo, è stato costretto a tendere la mano al procuratore di New York Eric Schneiderman, che oramai da circa un anno sta cercando di indagare sull'effettiva legalità dei locatori newyorkesi che si affidano al noto portale. L'accordo fra le parti è cosa delle ultime ore, e sui blog americani avanzano le ipotesi più disparate. C'è chi parla di Airbnb incastrata, chi di un semplice controllo che non cambierà le cose. La verità, probabilmente, anche stavolta sta nel mezzo.

Per ora Airbnb ha accettato di fornire alla Procura di New York alcuni dati relativi ai locatori che affittano le loro stanze sul sito. Lo ha comunicato la stessa società con un post sul proprio blog nel quale è scritto: «Airbnb fornirà al procuratore generale i dati anonimi sui padroni di casa di New York. Questi dati non includeranno i nomi, gli indirizzi o altre informazioni personali. L'Ufficio del Procuratore generale avrà un anno per esaminare i dati anonimi e ricevere informazioni da noi su singoli proprietari che potrebbero essere oggetto di ulteriori indagini. Crediamo che la Procura generale si concentrerà su grandi gestori di proprietà e padroni di casa che prendono appartamenti fuori dal mercato e sconvolgono le comunità. Abbiamo già rimosso oltre 2.000 inserzioni a New York, e siamo convinti che molti dei locatari che col loro comportamento preoccupavano il procuratore generale non fanno più una parte di Airbnb».

L'intento di Schneiderman, che precedentemente si era visto rigettare qualsiasi richiesta dai giudici, è abbastanza chiaro: capire se c'è qualche utente che fa il furbo. Innanzi tutto c'è da dire che affittare una stanza o un mini appartamento per meno di trenta giorni (tranne nel caso in cui locatore e locatario condividano lo stesso tetto) è in contrasto con le normative newyorkesi. Eppure la maggior parte degli annunci presenti su Airbnb sono solitamente relativi a periodi di tempo decisamente più brevi. Il che mette in aperta concorrenza gli affittuari e gli alberghi della City. Una concorrenza, oltretutto, molto spesso sleale, perché i pagamenti non sono tassati e in più di un'occasione sono completamente in nero. Com'è noto, Airbnb trattiene una percentuale delle somme pattuite tra locatore e locatario che varia dal 6 al 12%. Ma la transazione fra i due soggetti non è tassata.

Tuttavia il chiodo fisso di Schneiderman sarebbe un altro. Il procuratore generale di New York vuole indagare, e adesso può farlo, su eventuali proprietari di più appartamenti. Il sospetto che dietro gli annunci di Airbnb non si nasconda solo il comune newyorkese che affitta una stanza o un monolocale, ma che ci sia un vero business con più annunci riferibili a un solo soggetto è veramente altissimo. Airbnb si difende dicendo ai aver rimosso dal portale i locatori con un numero di annunci sospetto. Ma Schneiderman vuole vederci chiaro. E la guerra sembra appena iniziata.

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