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Crisi mercati: dalla Ue massima attenzione su immobiliare e debiti famiglie

di Antonio Pollio Salimbeni

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27 luglio 2007

Tra gli effetti collaterali della crisi americana dei 'subprimè ce ne sono almeno due che discretamente vengono analizzati in sede europea: l'andamento del settore immobiliare e l'esposizione delle famiglie con le banche. è stato il responsabile degli affari economici Joaquin Almunia a segnalare che il settore immobiliare attraversa una fase di decelerazione in tre paesi europei: Spagna, Regno Unito e Irlanda.
Niente di drammatico, ma il messaggio è chiaro: "Anche se in Europa la situazione è per molti aspetti diversa da quella che ha originato la crisi americana, è necessario mantenere una visione rigorosa dell'economia".
Se da un lato un calo dei prezzi delle proprietà sgonfia la bolla speculativa nel settore, non si può non sapere che oltre certi limiti ciò riduce la ricchezza delle famiglie, aumenta i rischi di fallimenti di chi si è sovraindebitato, può comportare un rallentamento dei consumi (aumentando la propensione al risparmio precauzionale).
In Europa la correzione dei prezzi delle case è cominciata da un paio d'anni: in Belgio, Francia e Italia l'anno scorso, in Spagna nel 2005, in Irlanda da qualche mese. Per ora niente di allarmante dicono Commissione europea e Bce. Qualche problema, invece, può esserci nel settore delle costruzioni nei paesi a espansione accelerata. In Spagna sta rallentando rapidamente: 20% in meno di nuovi alloggi rispetto a un anno fa. Le costruzioni rappresentano l'11% del pil e se si aggiungono i lavori pubblici si sfiora il 20%.
Tanto per dare un'idea di quanto si sia arroventato il settore, ogni anno in Spagna vengono costruiti ottocentomila nuovi alloggi, più di quanti se necostruiscano in Germania, Italia e Francia messi insieme.
Il vero rischio in Spagna, però, ha un altro nome: il debito delle famiglie. Circa il 95% delle ipoteche si basa su tassi variabili e gli oneri dei rimborsi rappresentano mediamente il 43% del reddito, livello tra i più elevati in Europa. L'esposizione all'aumento dei tassi di interesse nell'eurozona è dunque diretta.
Complessivamente nell'eurozona la sostenibilità dell'acquisto di una casa è diminuita. Segnala la Bce che sebbene nel 2006 il reddito nominale disponibile sia aumentato rispetto al 2005, "resta chiaramente al di sotto del tasso di crescita dei prezzi delle proprietà residenziali". L'indice che misura il rapporto tra il reddito disponibile e il reddito necessario per acquistare una casa alle condizioni di prestito prevalenti continua a declinare ininterrottamente dal 2001. L'agenzia di rating Fitch mette la Spagna al primo posto della lista di sei paesi europei in cui tale indice peggiora: seguono Francia, Regno Unito, Italia, Olanda e Irlanda.
Da Londra si segnala che l'interesse all'acquisto di case è in riduzione da otto mesi consecutivi. Le forme di credito immobiliare a rischio sono largamente praticate: nel Regno Unito i vari tipi di ipoteche 'subprimè a tassi più elevati fino al 50% rispetto a quelli praticati dalle banche per i clienti sicuri sono aumentate del 28% nel 2006 a 36,2 miliardi di euro, pari al 7% del totale dei crediti immobiliari, oltre 2,3 milioni di famiglie coinvolte. L'anno scorso i fallimenti bancari individuali sono aumentati del 65% con 108mila casi.
Un anno fa la Commissione europea segnalava come dal 1995 alla metà del primo decennio del nuovo secolo il debito delle famiglie fosse passato nell'eurozona dal 44% del pil al 56%. Un'accumulo rapidissimo nel Regno Unito là dove il rapporto rispetto al pil è aumentato di 20-25 punti (come negli Usa), sostenuto in Spagna, Grecia, Olanda, Irlanda e Portogallo.
Motivo: quadro macroeconomico favorevole, bassi tassi di interesse, inflazione stabile.
è vero che il grosso del debito è sostenuto da famiglie a reddito medio-alto per cui uno choc sul reddito disponibile o sul servizio del debito avrebbe solo un impatto limitato sulla crescita del pil. Ma già allora Bruxelles rilevava come "le famiglie altamente indebitate in alcuni stati membri sono vulnerabili a un aumento dei tassi di interesse con conseguenti maggiori oneri e crescita economica ridotta che possono implicare minore reddito disponibile rispetto alle attese e una correzione dei prezzi immobiliari con impatto severo sulla loro ricchezza finanziaria netta".


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