Da quando le truppe statunitensi vi penetrarono, nel 2005, la Valle di Korengal è divenuta un simbolo della guerra afghana: terreno impervio, un nemico sfuggente ma al tempo stesso temibile e una popolazione riottosa. Quando l'anno dopo i marines vi costruirono una base permanente la zona divenne meta di troupe televisive e inviati di guerra per i quali non era difficile realizzare reportage di combattimenti, secondo molti i più intensi dell'intero Afghanistan, record conteso con il distretto di Sangin, a Helmand, presidiato dai britannici. Nella valle ribattezzata dai soldati dell'Us Army "della morte" sono stati uccisi ben 42 militari e centinaia sono rimasti feriti nel tentativo di bloccare l'accesso dei talebani che dal vicino Pakistan si infiltrano nella provincia del Kunar e di conquistare "il cuore e le menti" dei 4.500 abitanti, per lo più boscaioli e contrabbandieri wahabiti. Sforzi inutili e perdite vane ora che il generale Stanley McChrystal ha ordinato di abbandonare il fortino di Korengal, uno dei molti avamposti dell'ottantina che gli statunitensi presidiano lungo il confine col Pakistan, che verranno evacuati in base alla strategia del comandante alleato che prevede di concentrare l truppe nei centri a maggiore densità di popolazione. Secondo Nico Piro, reporter del Tg3 più volte embedded con le forze americane in quell'avamposto, «il ritiro da Korengal era nell'aria già dall'autunno scorso ed è stato al centro di un acceso dibattito per il suo impatto negativo sul piano mediatico e simbolico. Nel Korengal outpost (Kot) le condizioni di vita erano durissime, i militari erano sempre esposti al fuoco di un nemico spesso invisibile. In sei mesi i mortai della hanno sparato ben 4.000 colpi e in una sola notte sono stati lanciati missili per 400 mila dollari di valore». L'Isaf sostiene che la chiusura dell'avamposto non impedirà alle forze alleate «di rispondere con rapidità a crisi nel Korengal» ma è evidente che senza truppe sul terreno sarà impossibile controllare la zona. «Il ritiro è una grande vittoria e le truppe americane sono fuggite grazie ai nostri costanti attacchi», ha affermato Zabihullah Mujahed, portavoce dei talebani aggiungendo che «l'area è molto importante per noi. Queste montagne sono un buon nascondiglio e possono essere usate per l'addestramento».


Le scelte attuate da McChrystal suscitano non poche critiche e la sua strategia verrà messa alla prova dagli sviluppi bellici estivi. Dopo aver strappato ai talebani il controllo dell'area di Marjah, cuore della produzione di oppio, le truppe anglo-americane puntano a consolidare il controllo della provincia di Helmand in vista della grande offensiva estiva a Kandahar. L'arrivo dei 40.000 rinforzi tra americani ed europei offre a McChrystal l'opportunità di dare un colpo che si auspica decisivo alla guerriglia prima che, dal 2011, la politica imponga la riduzione dei contingenti militari occidentali. Parlando al Royal United Service Institute di Londra, il portavoce dell'Alleanza Atlantica, James Appathurai, ha evidenziato ieri la situazione di stallo che gli alleati cercano di rovesciare. «I talebani non possono spuntarla, noi non riusciamo a spuntarla, la situazione ristagna. Questo non è possibile e non è sostenibile. Doppiamo fare progressi in modo dimostrabile il più presto possibile». A partire da giugno tutte le province dell'est e del sud vedranno manovre offensive su vasta scala, anche la provincia occidentale di Farah dove gli americani combattono al fianco degli italiani e dove confluiranno la gran parte delle truppe da combattimento e degli elicotteri inviati di rinforzo da Roma.
Anche alla luce della volontà di cacciare i talebani dai loro "santuari" suscita critiche la decisione di abbandonare gli avamposti di confine, cinque già evacuati oltre a quello di Korengal.


«Ogni area che viene abbandonata è un vantaggio per i talebani», ha dichiarato sotto anonimato un ufficiale del Ministero della Difesa afghano. Tra i militari più esperti di Kabul vi sono molti veterani che combatterono al fianco dell'Armata Rossa che sottolineano come anche i sovietici, a metà degli anni '80, avessero adottato la strategia di concentrarsi nei maggiori centri abitati per ridurre le perdite. Il risultato non fu certo incoraggiante: perdendo il controllo delle aree rurali i sovietici consentirono ai mujhaiddin di minacciare tutte le strade e assediare le città.
«Non esiste la risposta perfetta - ha detto l'8 aprile McChrystal in visita a Korengal - la battaglia cambia, la guerra cambia e se non ne comprendiamo le dinamiche non abbiamo possibilità di successo». Difficile però comprendere il senso dell'abbandono di un importante presidio di frontiera proprio mentre l'offensiva delle truppe pakistane sta schiacciando i talebani sul lato orientale del confine. Molti ritengono che la decisione punti a rinunciare alle postazioni più esposte per ridurre le perdite che hanno raggiunto nuovi record negli ultimi mesi. Sono 162 i caduti alleati dall'inizio dell'anno, 99 dei quali statunitensi e 36britannici mentre dall'inizio della guerra, alla fine del 2001, i morti sono 1729 dei quali 1.045 americani e 281 britannici.

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