Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 08 luglio 2010 alle ore 10:08.
L'ultima modifica è del 08 luglio 2010 alle ore 10:15.
«Ultimamente ho letto i discorsi di Herbert Hoover del 1932 ed è incredibile come ampi stralci sembrino le stesse cose che dice ora Jean-Claude Trichet. Una resurrezione di vecchie visioni molto deprimente». L'analogia tra i velleitari inviti alla calma del trentunesimo presidente americano, impotente davanti alla grande crisi del '29, e i rassicuranti appelli al rigore dell'attuale eurogovernatore arriva da Paul Krugman, premio Nobel dell'economia 2008.
La similitudine spaventa non poco l'economista americano, convinto che il G-20 e l'Europa si siano spinti con troppa precipitazione sul sentiero del rigore di bilancio e si trovino ora sull'orlo di una lunga jobless recovery, un periodo di crescita talmente timida da non garantire nuovi posti di lavoro. «Parte della mia ansia - confessa Krugman a un gruppo di giornali internazionali - deriva dal fatto che è duro vedere cosa possa trainare la crescita mondiale». La domanda cinese appare insufficiente, in termini di scambi, a dare uno stimolo decisivo al mondo e l'iPad è troppo poco per garantire una nuova rivoluzione industriale.
L'Europa, poi, viene soffocata secondo Krugman da target troppo restrittivi della Bce («un'eurozona con un'inflazione del 3-4% permetterebbe gli aggiustamenti necessari molto più rapidamente che se al 2%») e da Berlino ossessionata dall'austerità, «una posizione che non fa bene alla Germania e fa molto male all'Europa». Meglio sarebbe, per l'opinionista del New York Times, se la Bce adottasse politiche più espansive e se nell'Unione europea si varassero politiche asimmetriche perché «l'austerità spagnola ha più probabilità di avere successo, se la Germania non vara un programma di rigore». Krugman non crede in un completo meltdown dell'euro, ma non esclude che la valuta possa perdere qualche pezzo, magari la Grecia, il Portogallo, o persino Spagna e Irlanda. Ma non l'Italia, paese che, nonostante l'alto debito, non ha problemi di rifinanziamento nel breve periodo, né un settore privato indebitato.