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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2011 alle ore 07:48.

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Tra forzature e abusi cresce il pessimismo sulla giustizia (Imagoeconomica)Tra forzature e abusi cresce il pessimismo sulla giustizia (Imagoeconomica)

Passano i giorni e sui temi della giustizia il pessimismo cresce. Molto pessimisti sono coloro, pochi, che s'illudevano d'intravedere una riforma «epocale» all'orizzonte. E pessimisti sono anche quelli che temono la crescente lacerazione del paese. Per entrambi le notizie dal Parlamento sono sconfortanti. E per la verità più che di sorprese si deve parlare di previsioni confermate.

Si dava per scontato che la Camera avrebbe sollevato il conflitto d'attribuzioni contro la magistratura sul «caso Ruby» e così è stato. Dodici voti di scarto fra maggioranza e opposizioni: abbastanza pochi, ma sufficienti. Anzi, nel calcolo meramente numerico Berlusconi ha colto un altro successo: tre nuovi deputati sono passati dalla sua parte, per motivi sconosciuti. Senza che ne derivi, s'intende, un rafforzamento politico della coalizione.

Quanto al dossier Ruby ora sarà trasferito alla Corte costituzionale. Sappiamo peraltro che la votazione non ferma il processo che si apre oggi a Milano, ma serve a Berlusconi per riaffermare il punto: trattasi di persecuzione giudiziaria nei confronti del capo dell'esecutivo e di attentato alle prerogative del Parlamento. Così la tensione si mantiene alta e il paese resta spaccato a metà. Alla mobilitazione della sinistra, ieri in piazza per il «Democrazia Day», corrisponde la mobilitazione della destra. Ottime carte da giocare nella prossima campagna elettorale, che si annuncia tra le più velenose degli ultimi vent'anni.
Del resto, la giornata di ieri non è stata nemmeno la più tesa. Il peggio verrà con le prossime sedute dedicate - fra qualche giorno - al «processo breve». È ragionevole prevedere scontri senza risparmio di colpi, si spera solo verbali. Il gioco degli argomenti contrapposti è noto e ognuna delle due parti dispone di uno spicchio di verità. Il centrosinistra ripete e grida nelle piazze il suo livore contro la forzatura delle leggi «ad personam». Che ovviamente rendono impossibile inoltrarsi sul sentiero di un'autentica riforma della giustizia, tantomeno una riforma di natura costituzionale.

La maggioranza ribatte sollevando bene in alto il vessillo degli abusi compiuti dalla magistratura. E i fatti in qualche caso non le danno torto. Sono finite sui giornali le registrazioni in cui compare Berlusconi a colloquio con alcune delle ragazze coinvolte nella nota inchiesta. Il che è assurdo perché un parlamentare (che in questo caso è il premier) non può essere intercettato, nemmeno «di spondas», senza l'autorizzazione delle Camere.
L'incidente, se d'incidente si tratta, ha sollevato parecchie perplessità e ha irritato il procuratore di Milano, Bruti Liberati. Forse si è trattato davvero di un errore umano. Ma le circostanze autorizzano i peggiori sospetti. Sembra che qualcuno abbia interesse a gettare benzina sul fuoco. Di conseguenza, nel braccio di ferro un po' insensato tra governo e magistrati le voci di buonsenso diventano via via più flebili e prevalgono i falchi che puntano in tutti i modi alla delegittimazione della controparte.

Anche per questo la voce del presidente della Repubblica che, rivolgendosi all'Anm, dice che «l'autonomia e l'indipendenza della magistratura sono principi inderogabili» è insieme rassicurante e preoccupante. Rassicurante perché vale come richiamo a valori che dovrebbero essere condivisi. Preoccupante perché indica che la situazione è assai compromessa, se c'è bisogno di queste parole.

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