Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2011 alle ore 07:59.
L'ultima modifica è del 22 aprile 2011 alle ore 06:39.

My24
Immigrati risorsa inesplorata (Fotogramma)Immigrati risorsa inesplorata (Fotogramma)

Il dramma del Nordafrica ha a che fare con l'emergenza umanitaria e deve essere affrontato con la solidarietà necessaria in questi casi. Ma allo stesso tempo evoca le ansie dell'immigrazione incontrollata e oscura la percezione dei benefici economici del lavoro dei cittadini stranieri in tempi normali.

Quando le acque si calmeranno, sarà bene ricordarsi che la migrazione può avere e ha già un ruolo essenziale per la crescita economica di un Paese come il nostro, con una popolazione sempre più anziana, dove pochi sono disposti a svolgere mansioni fondamentali e dove i confini globali dei mercati e della ricerca ci obbligano a importare talenti. Cosa deve fare l'Italia per rafforzare il ruolo dei migranti nel far girare le pale dell'economia?
Le misure attualmente in vigore limitano questo effetto benefico in quanto determinano un tasso di clandestinità elevato, sono poco efficaci nel favorire il match tra le competenze dei cittadini stranieri e i fabbisogni del nostro sistema produttivo e infine scoraggiano l'immigrazione di persone altamente qualificate attraverso pratiche burocratiche vessatorie. I nodi da affrontare per una riforma della politica migratoria sono dunque tre.

Il primo è ridurre la presenza di clandestini. Come già discusso su queste colonne nei giorni scorsi, secondo le stime più affidabili, le persone senza permesso di soggiorno in Italia sono oltre il 19% della popolazione straniera residente, un tasso più elevato degli altri principali Paesi europei. Questo è il risultato della combinazione tra una relativa tolleranza della clandestinità e una ragionevole certezza di regolarizzazione. L'irrigidimento delle sanzioni per chi dà lavoro clandestino e la penalizzazione della presenza irregolare sul territorio sono applicate in modo blando e non sono state un deterrente sufficiente a limitare gli afflussi.

Del resto, nel regime attuale la presenza di stranieri senza permessi è inevitabile, in quanto favorisce l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. I processi di regolarizzazione nell'ambito dei decreti-flussi, infatti, partono sempre dalla richiesta di un datore di lavoro di voler assumere una determinata persona, ufficialmente ancora all'estero. Di fatto nessuno è disposto ad assumere alla cieca un lavoratore sconosciuto e nella gran parte dei casi il risultato è una regolarizzazione ex post di rapporti di lavoro già in essere. La clandestinità è come un cuscinetto a sfera che attutisce gli attriti del mercato e permette ai datori di lavoro di osservare con certezza le caratteristiche dell'immigrato da assumere. Il punto è che questo meccanismo è inefficiente, come se ogni casa dovesse avere un grande serbatoio perché arrivi acqua ai rubinetti. La clandestinità costa al Paese: servizi sociali comunque erogati senza contributi, maggiore probabilità di fenomeni di disadattamento e criminalità.

Ecco allora, e qui veniamo al secondo nodo, che l'Italia dovrebbe introdurre meccanismi chiari di selezione ex ante degli immigrati, che derivino dalle effettive richieste del mercato del lavoro. Perché non seguire il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda e ora la Gran Bretagna che hanno introdotto un sistema per concedere visti di lavoro "a punti"? Un individuo avrà un punteggio più elevato e più possibilità che il permesso gli venga concesso se avrà le caratteristiche richieste dall'economia locale.

Infine, e qui siamo al terzo nodo, la politica per l'immigrazione dovrebbe anche porsi esplicitamente il problema di come attrarre talenti, persone altamente qualificate che possano svolgere ruoli di elevata responsabilità. Questa è un'esigenza fondamentale per le imprese che devono operare sul mercato globale. Oggi in Italia le procedure per i permessi di soggiorno sono uguali per un ricercatore pluri-laureato come per un addetto alle pulizie di un treno. Anche le imprese multinazionali devono fronteggiare oneri burocratici e grandi incertezze per far lavorare in Italia manager non europei, il che scoraggia anche gli investimenti.

Di conseguenza, solo il 13% dei residenti stranieri ha una laurea, contro il 25% nell'Unione Europea e solo il 6,2% dei cittadini extraeuropei svolge mansioni qualificate. Questo è grave, in quanto vi è una particolare forte associazione tra l'ingresso di stranieri con qualifiche elevate e la crescita economica. Negli Stati Uniti il 47% degli scienziati e degli ingegneri con un dottorato sono immigrati. L'economista di Harvard William Kerr e il suo collega dell'Università del Michigan William Lincoln hanno stimato che un aumento del 10% dei detentori di visti H1-B cinesi e indiani (i visti concessi agli individui con elevate qualifiche) fa crescere tra l'1 e il 4% le innovazioni sviluppate in America da questi gruppi etnici, senza spiazzare la ricerca dei nativi.

Le leggi che favoriscono l'immigrazione d'individui qualificati sono particolarmente efficaci. Non dimentichiamo che mentre le persone a bassa istruzione non hanno possibilità di scelta e sono disposte ad accettare molti disagi per essere regolarizzate, gli individui ad alta istruzione scelgono ed emigrano se le condizioni non sono ostative. Perché allora l'Italia non si dota di misure esplicite per attrarre i talenti di cui abbiamo assai bisogno? Esiste tra l'altro già un riferimento europeo (la Blue Card) che definisce le condizione di circolazione dei cittadini ammessi sotto questo programma nell'ambito di tutti i Paesi dell'Unione.Infine, un'ultima nota sugli accordi con i Paesi di origine per la migrazione, come quelli negoziati in passato.

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.